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STUDIO SALARDI DI LORENZA SALARDI

Studio di Consulenza del Lavoro

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WELFARE AZIENDALE

Sommario

Sommario…………………………………………………………………………………………………………………………… 1

Perché questo tema?…………………………………………………………………………………………………………….. 2

Brevi cenni storici e finalità del welfare aziendale…………………………………………………………………….. 3

Normativa e definizione…………………………………………………………………………………………………….. 4

Fringe benefit…………………………………………………………………………………………………………………… 7

Chi sono i destinatari e i beneficiari del welfare?…………………………………………………………………… 9

Quali beni e servizi possono essere inseriti nel piano welfare?………………………………………………….. 11

Limiti di spesa/rimborso/deducibilità………………………………………………………………………………….. 11

Soggetti beneficiari………………………………………………………………………………………………………….. 12

Le finalità che l’azienda vuole perseguire…………………………………………………………………………… 13

Tabella di sintesi…………………………………………………………………………………………………………….. 14

Punti di attenzione: importo da stanziare, cosa posso e cosa non posso fare con il welfare aziendale      18

Che importo stanziare?…………………………………………………………………………………………………….. 18

Cosa non si può fare con il welfare?………………………………………………………………………………….. 18

Impossibilità di utilizzare il welfare per erogare premi individuali………………………………………….. 19

Alcune regole fondamentali da seguire………………………………………………………………………………. 19

Introdurre un piano di welfare in azienda: la check list per definire i passaggi fondamentali e le modalità di comunicazione ai lavoratori…………………………………………………………………………………………………. 20

La check list per la corretta gestione di un piano di welfare………………………………………………………. 20

Il sondaggio esplorativo fra i lavoratori………………………………………………………………………………. 21

Caso di studio: le buone prassi delle grandi aziende italiane………………………………………………….. 22

Conclusioni……………………………………………………………………………………………………………………. 23

 

 

 

Perché questo tema?

Negli ultimi anni si avverte sempre più la necessità di sperimentare soluzioni che facilitino la conciliazione tra lavoro e vita privata. Tra queste il welfare, inteso quale strumento per il superamento della mera logica economica della retribuzione, si è posto quale utile risposta alle nuove problematiche rappresentate dal mercato del lavoro, prima tra tutte il fenomeno delle Grandi Dimissioni.

Noi, Consulenti del Lavoro, siamo chiamati in questo contesto a supportare il cliente e a fornire una pronta consulenza in merito ai possibili strumenti a disposizione che consentono di “trattenere” e attrarre i lavoratori. Difatti, un buon piano di welfare, congegnato sulle specifiche esigenze dei lavoratori e di una determinata azienda verrà sicuramente percepito quale elemento utile a tale scopo e per questo potrà contribuire anche ad un efficientamento del complesso produttivo.

Il welfare, inoltre, non costituisce un valore aggiunto solo per i dipendenti ma anche per il datore di lavoro che vi guadagna soprattutto in termini reputazionali, ma anche economici, considerando la detassazione per tali misure prevista dall’ordinamento.

Nonostante tali punti di forza, il welfare si presenta per molti di noi ancora una novità soprattutto per quanto attiene il rapporto con i fringe benefit e le soglie di esenzione.

Data dunque l’importanza assunta da tale strumento e la sua presenza, ormai costante, negli interventi legislativi, è parso opportuno cogliere l’occasione del tema del mese per operarne una puntuale ricostruzione.

Vi ricordo, infatti, che il tema del mese è un’opportunità di dialogo professionale e territoriale che consente un aggiornamento e un approfondimento su temi particolarmente rilevanti per la categoria, per tale motivo vi invito a leggere e condividere il contributo in modo da dargli la maggior diffusione possibile.

Buona lettura! Dario Montanaro, Presidente Nazionale ANCL

Brevi cenni storici e finalità del welfare aziendale

Il concetto di welfare, letteralmente “benessere”, “salute”, “stare bene”, nasce nella Gran Bretagna del dopoguerra per indicare il forte impegno del governo laburista nel ricostruire lo Stato britannico, attraverso un sistema di norme e provvedimenti utilizzati per appianare le disuguaglianze sociali ed economiche nei confronti delle fasce di popolazione più povere e in difficoltà.

Nel corso degli anni il significato del termine “welfare” si è ampliato ulteriormente e ha cominciato ad indicare tutto quel complesso di politiche sociali, in prima battuta prevalentemente pubbliche, attuate per garantire a tutti i cittadini assistenza, benessere e un miglioramento delle condizioni di vita.

Lo stesso concetto “pubblico” si è poi trasferito anche all’interno delle aziende (cd. “Welfare aziendale”) per indicare quell’insieme di beni e servizi forniti dalle stesse ai dipendenti con la finalità di accrescere il benessere personale dei lavoratori e dei loro familiari. Si sviluppa dunque l’idea che tali prestazioni, “se erogate in risposta a bisogni reali dei lavoratori, riescono ad incidere positivamente sul benessere organizzativo dell’impresa” 1. Incentivare e fidelizzare, dunque, i propri dipendenti attraverso politiche di welfare aziendale per migliorare allo stesso tempo produttività e clima organizzativo. Avere un datore di lavoro che riesce, con sufficiente puntualità e copertura economica, a soddisfare le esigenze che il lavoratore sente più vicine e pressanti, qualifica sempre di più la capacità dello stesso datore di lavoro di attrarre a sé collaboratori motivati e soddisfatti, generando un valore aggiunto per il famoso sinallagma che regge il rapporto di lavoro costituito ai sensi e per gli effetti dell’art.2094 del c.c.2

Riassumendo, possiamo definire il welfare come una forma di “investimento” che il datore di lavoro mette in atto per le seguenti finalità:

  • Miglioramento del clima aziendale, dell’assetto organizzativo e delle relazioni sindacali;
  • Fidelizzazione dell’organico aziendale esistente e diminuzione del turnover;
  • Aumento del benessere individuale del dipendente e dei suoi familiari;
  • Valorizzazione del personale;
  • Aumento della produttività aziendale;
  • Accrescimento dell’appeal per l’azienda.

Negli ultimi anni, l’accresciuta sensibilità del mondo del lavoro alle politiche di welfare è stata favorita anche dagli strumenti legislativi messi a disposizione del datore di lavoro e dei lavoratori attraverso politiche di bilancio di contenimento della spesa pubblica. Lo Stato purtroppo, gravato dal pesante fardello del debito pubblico, è sempre più in difficoltà a garantire e soddisfare determinate esigenze di assistenza sanitaria e sociale, ma, attraverso interventi legislativi che favoriscono l’incidenza di minori costi contributivi e fiscali, è riuscito a creare delle condizioni affinché gli imprenditori potessero, attraverso piani di welfare adattati alle esigenze della popolazione aziendale, sostituirsi o quanto meno colmare le lacune statali, creando così valore per l’intera comunità.

Si parla di strategie ‘win-win-win’: “vince l’impresa, che incrementa la produttività del dipendente e la sua fidelizzazione societaria; vince il lavoratore, che ottiene servizi di costoso accesso sul mercato senza subire la tagliola della invadente tassazione; vince lo Stato, che “scarica” sulle imprese la responsabilità di fornire alla società (per il tramite dei propri dipendenti) tutele previdenziali, assistenziali, sanitarie e culturali una volta prerogativa dello stato sociale3”.

Normativa e definizione

Nel nostro Paese non esiste un tessuto normativo unitario in materia di welfare aziendale. La legislazione, quindi, è basata essenzialmente sulle disposizioni contenute all’interno del Testo Unico delle Imprese sui Redditi, il c.d. T.U.I.R. (d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), e sull’emanazione, da parte dell’Amministrazione Finanziaria, di circolari e risoluzioni al fine di chiarire alcuni aspetti controversi dell’istituto in esame.

Nonostante la frammentarietà della disciplina, il welfare aziendale trova una prima regolamentazione all’interno della Carta Costituzionale, nella quale trovano un riflesso dei precedenti interventi normativi, istituzionali e associativi, sia di carattere pubblicistico che privatistico, in materia di tutela del lavoratore dipendente4.

Infatti, all’art. 38, c. 2 viene affermato il diritto dei lavoratori a prestazioni previdenziali adeguate alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Poiché “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”5, è compito della Repubblica, come stabilito al comma 2 dell’art. 3 Cost., “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese ”. Dal combinato disposto degli artt. 3 e 38 della Carta Costituzionale, viene confermato che la tutela previdenziale di cui all’art. 38 Cost. rappresenta un interesse pubblico.

L’assemblea costituente, al fine di assicurare una maggiore tutela sociale, ha coinvolto, attraverso l’art. 117 Cost., anche le Regioni alle quali ha affidato, in via esclusiva l’assistenza sociale, mentre ha riservato alla competenza concorrente Stato-Regioni la materia della previdenza integrativa e complementare.

A fronte del pluralismo interno alle istituzioni pubbliche, l’unitarietà e l’omogeneità essenziale del complesso sistema di welfare, modulabile dai predetti soggetti, non risultano prive di meccanismi di garanzia che ruotano, in particolare, intorno alla possibilità di un intervento da parte dello Stato. Infatti, l’Assemblea costituente, al comma 2, lettera m), dell’articolo in questione, riconosce, come competenza esclusiva dello Stato, la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni riguardanti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale. Quindi, lo Stato può intervenire anche nelle materie di competenza esclusiva delle Regioni fissando i livelli minimi di tutela che devono essere conservati per evitare una disparità di trattamento6.

Dalla carta costituzionale non emerge solo un’attività previdenziale e assistenziale pubblica, ma, in virtù del principio della libertà di associazione, ex art. 18 Cost., vengono valorizzate le forme di auto-organizzazione dei soggetti privati con scopi di protezione sociale, comprensiva di vari servizi di welfare. È quanto confermato dall’art. 38, c. 5 secondo il quale l’assistenza privata è libera.

Il quadro delle disposizioni costituzionali che disciplinano gli interventi in materia di welfare è completato dagli artt. 31, 32 e 34 Cost. i quali, indirettamente, integrano gli interventi in materia di welfare. In modo particolare l’art. 31 Cost. prevede delle agevolazioni, erogate dallo Stato sotto forma di misure economiche e altre provvidenze, al fine della formazione della famiglia, rappresentando la base per gli istituti a protezione della maternità, infanzia e gioventù.

Mentre gli artt. 32 e 34 della Costituzione riconoscono come diritti sociali il diritto alla salute e allo studio, garantendo cure gratuite agli indigenti e rendendo effettivo il diritto allo studio ai capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi

Dato che gli interventi in materia di welfare sono espressione del principio di solidarietà sociale, ex. art. 2 Cost., il ruolo dell’impresa e della responsabilità sociale che le viene attribuita è dimostrato dall’art. 41 Cost. il quale, dettando il principio di libertà d’iniziativa economica, stabilisce che non possa svolgersi in contrasto con l’utilità sociale. Ecco che la responsabilità dell’impresa è bilanciata tra il perseguimento dell’utile e il raggiungimento di una elevata coesione sociale funzionale al benessere di tutti i soggetti coinvolti. È, quindi, compito dello Stato proporre delle iniziative finalizzate a consentire ai datori di lavoro di porre in essere una serie di misure volte a migliorare la qualità di vita dei lavoratori e consentire una maggiore conciliazione dei tempi vita-lavoro.

Non vi è una nozione legislativa per definire il welfare. L’Agenzia delle Entrate, nella Circolare n. 28/E del 15/06/2016, con una definizione fatta propria anche da AIWA, Associazione Italiana Welfare Aziendale, definisce il welfare come quei “beni, prestazioni, opere e servizi corrisposti al dipendente in natura o sottoforma di rimborso spesa aventi finalità di rilevanza sociale ed esclusi, in tutto o in parte dal reddito di lavoro dipendente”.

Il principale riferimento normativo in materia è rappresentato dal T.U.I.R. (d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917) e, in particolare, dagli art. 51 commi 2,3 e 4, art. 95 e art.100, i quali sono stati modificati e integrati dalle leggi di stabilità e bilancio del 2016, 2017, 2018, 2020 che hanno ampliato la platea delle misure escluse dalla formazione del reddito.

Le disposizioni tributarie in materia di welfare sono finalizzate da un lato a ridurre l’onere fiscale a favore dei lavoratori dipendenti, mentre dall’altro a individuare le condizioni di deducibilità del reddito di impresa delle spese sostenute dai datori di lavoro.

Il vantaggio per il lavoratore è rappresentato dall’esclusione dalla formazione del reddito da lavoro dipendente delle misure, concesse dal datore di lavoro, previste dal T.U.I.R, art. 51 commi 2, 3 e 4 (ad esempio abbonamenti per il trasporto pubblico, assistenza sanitaria integrativa, beni e servizi in natura, opere e servizi per finalità sociali, servizi di educazione ed istruzione, previdenza complementare, somministrazione di vitto…), inoltre, il legislatore, avendo sancito l’armonizzazione tra imponibili fiscali e contributivi (art. 6 del d.lgs. 2 Settembre 1997, n. 314) ciò che non costituisce reddito imponibile fiscalmente, non costituisce reddito nemmeno dal punto di vista previdenziale. Questo significa che i valori riconosciuti come welfare aziendale sono esclusi dal versamento dei contributi a carico del dipendente (oltre che a carico dell’azienda).

I vantaggi però sono anche datoriali. Infatti, l’art. 95, c. 1, garantisce all’azienda la possibilità di dedurre dal reddito d’impresa anche le spese sostenute in denaro o in natura a titolo di liberalità a favore dei lavoratori. Per quanto concerne, invece, gli “oneri di utilità sociale” (ad esempio le spese sostenute per finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto), elencati all’art. 100, c. 1 del T.U.I.R, la deducibilità dal reddito d’impresa è limitata al 5X1000 delle spese per il personale dipendente nel caso in cui tali spese siano state sostenute per atto liberale; la deducibilità diventa però totale nel caso in cui tali spese derivino da disposizioni di contratto, accordo o regolamento aziendale. L’esclusione totale o parziale dal reddito di lavoro dipendente comporta non solo la non-maturazione di ogni istituto contrattuale (TFR, Tredicesima, ferie…), ma anche la totale decontribuzione del valore dei beni e servizi corrisposti.

La legge di stabilità, con la modifica apportata all’art. 51 T.U.I.R., ha consentito al datore di lavoro la possibilità di erogare i servizi non solo per volontà del datore di lavoro, ma anche in presenza di un obbligo derivante da un contratto, un accordo o un regolamento aziendale.

Nella versione previgente la norma prevedeva l’esclusione dal reddito di lavoro dipendente del servizio erogato dal datore di lavoro solo nel caso in cui fosse sostenuto volontariamente.

A seguito dell’introduzione della locuzione “volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale” all’interno dell’art. 51, c. 2, lett. f) del T.U.I.R., in dottrina, è nato un dibattito in merito al rapporto esistente tra atto volontario del datore di lavoro ed il possibile utilizzo del regolamento aziendale. Dopo vari pareri dottrinali, pronunce giurisprudenziali e risoluzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate è emerso che il regolamento aziendale contenente un impegno tra le parti, anche se rappresenta un atto unilaterale del datore di lavoro, assume le caratteristiche di un atto vincolate al pari di un contratto. Per questo motivo, le spese sostenute dal datore di lavoro per erogare servizi ai dipendenti in base al vincolo contrattuale o di regolamento aziendale sono integralmente deducibili, mentre le spese sostenute volontariamente sono deducibili solo nella misura del 5X1000 del costo per le prestazioni di lavoro dipendente.

Circa sette anni dopo l’emanazione della Legge di Stabilità del 2016, l’INPS è intervenuto sul tema delle somme erogate a titolo di welfare aziendale. In particolare l’Istituto, con la circolare n. 49/2023, ha precisato che nonostante l’armonizzazione della retribuzione imponibile fiscale e previdenziale, “il regime di esclusione dall’imponibile ai fini contributivi è più ampio di quello fiscale, poiché accanto alle voci di esenzione individuate dal legislatore al comma 2 del citato articolo 51 del T.U.I.R. (lettere a) e f-quater), ve ne sono altre aventi rilevanza ai soli fini previdenziali, come individuate dall’articolo 12 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (come sostituito dall’articolo 6 del citato D.lgs n. 314/1997), che prevede, in relazione alle medesime fattispecie, un regime di imponibilità peculiare rispetto a quello dettato ai fini fiscali”7.

Fringe benefit

Ad oggi, quando si parla di welfare, lo si associa molto spesso ai famosi “buoni spesa, carburante, acquisto…” (art.51 c.3 e 3-bis del T.U.I.R.), ma in realtà questi sono solo una piccola parte di tutte le prestazioni, opere, servizi che compongono il welfare aziendale.

A tal proposito è utile distinguere quelli che sono i Fringe benefits rispetto alle altre prestazioni di welfare citate all’art. 51 del T.U.I.R. che saranno analizzate nei successivi paragrafi.

Che cosa sono i fringe benefit?

Con il termine fringe benefit si intende un compenso in natura aggiuntivo o accessorio attribuito ad un determinato soggetto. L’agenzia delle Entrate, con risoluzione n.137/E del 29 maggio 2009, li definisce “compensi in natura consistenti in beni o servizi, anche prodotti dallo stesso datore di lavoro, ovvero in sconti particolari sull’acquisto di tali beni e servizi”. Possiamo dunque collocarli nel quadro generale delle forme di retribuzione di tipo incentivante, in quanto possono essere considerati degli strumenti essenziali di valorizzazione della prestazione di lavoratori e/o collaboratori. Fanno parte dei fringe benefits, ad esempio, i buoni acquisto, spesa, carburante, la macchina ad uso promiscuo, i prestiti aziendali, i fabbricati concessi in locazione, uso o comodato.

A differenza del welfare aziendale, che per la totale o parziale esenzione fiscale e contributiva deve essere obbligatoriamente rivolto alla generalità o a categorie omogenee di dipendenti, i fringe benefits possono essere riconosciuti anche ad personam in accordo con il datore di lavoro.

 

L’art. 2099 del c.c. ci dice che “la retribuzione del prestatore di lavoro può essere stabilita a tempo o a cottimo e deve essere corrisposta con le modalità e nei termini in uso nel luogo in cui il lavoro viene eseguito In mancanza di accordo tra le parti, la retribuzione è determinata dal giudice. Il prestatore di lavoro può anche essere retribuito in tutto o in parte con partecipazione agli utili o ai prodotti, con provvigione o con prestazioni in natura. Detto questo, dunque, i compensi in natura, essendo erogati quale corrispettivo della prestazione lavorativa, hanno natura retributiva, con la conseguente applicazione di tutti i principi legati alla stessa retribuzione (ad es. considerare il valore dei predetti compensi ai fini del calcolo di istituti retributivi indiretti o differiti). La Cassazione (Cass. n.11644/2004), inoltre, relativamente alla retribuzione utile al TFR, ha specificato che “si computano ai fini della retribuzione utile al TFR (se non diversamente stabilito dalla contrattazione collettiva) anche tutte le retribuzioni in natura erogate a titolo non occasionale”.

ATTENZIONE! Si ricorda che dal 2007 il TFR maturando che rimane in azienda per scelta del lavoratore deve essere versato (aziende con almeno 50 dipendenti), dal datore di lavoro, al Fondo Tesoreria INPS. Le quote di TFR da versare assumono la natura di contribuzione obbligatoria e quindi l’eventuale esclusione di retribuzione (compresa quella in natura – fringe benefit) dalla base imponibile del TFR può determinare anche il mancato versamento contributivo all’INPS, con le relative conseguenze sanzionatorie.

L’art.51 del T.U.I.R., oltre a definire al comma 1 la nozione di reddito di lavoro dipendente come “tutte le somme e i valori che il dipendente riceve a qualunque titolo, anche sottoforma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro” (principio di onnicomprensività del reddito da lavoro dipendente), ai commi 2 e seguenti, specifica tutti quei beni e servizi che NON concorrono a formare il reddito o vi concorrono solo PARZIALMENTE. Tra questi vi sono anche i fringe benefits. Il comma 3 dello stesso articolo, infatti, recita: “Non concorre a formare reddito il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati se complessivamente di importo non superiore nel periodo d’imposta a 258,23 euro; se il predetto valore è superiore al citato limite, lo stesso concorre interamente a formare il reddito”.

Tale valore negli ultimi anni è stato oggetto di modifiche temporanee da parte del legislatore. La pandemia da Covid, la crisi economica dovuta all’innalzamento dei costi dell’energia, le guerre in atto e il pesante costo del lavoro, hanno portato il legislatore di anno in anno ad innalzare l’importo esentasse previsto dal comma 3 per cercare di dare un aiuto ad imprese e lavoratori.

Con la Legge di Bilancio 2024 tale limite è stato innalzato a 1000 euro per tutti i lavoratori, con la possibilità di arrivare fino a 2000 euro per i soli lavoratori con figli a carico8.

  • Sono considerati fiscalmente a carico i figli:
  • Di età inferiore a 24 anni e con reddito complessivo annuo non eccedente euro 4.000,00**
  • Di età superiore a 24 anni con reddito complessivo annuo non superiore a euro 2840,51** La condizione di figlio a carico deve essere verificata al 31 dicembre 2024

Oltre ai consueti fringe benefits, il legislatore ha previsto, per il solo anno 2024 e nel limite di quanto segnalato precedentemente, anche il rimborso da parte del datore di lavoro delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell’energia elettrica e del gas naturale, delle spese per l’affitto della prima casa ovvero per gli interessi sul mutuo relativo alla prima casa.

RECAP FRINGE BENEFITS

    Compensi in natura (“benefici marginali”) che il datore di
DEFINIZIONE   lavoro concorda o attribuisce ai lavoratori in aggiunta alla
    normale retribuzione in denaro.
     
DESTINATARI   Amministratori, collaboratori coordinati, dirigenti, quadri,
  impiegati, operai.
   
     
MODALITA’ DI ASSEGNAZIONE   Possono essere assegnati in modo collettivo o individuale.
     
    Impulso incentivante per i lavoratori dipendenti.
FINALITA’   Diminuiscono il carico contributivo e fiscale per l’azienda se
    non superano determinati limiti previsti dal T.U.I.R.
     
     
    SI “nel libro unico del lavoro deve essere effettuata ogni
    annotazione  relativa  a  dazioni  in  denaro  o  in  natura
LUL   corrisposte o gestite dal datore di lavoro”. Le retribuzioni in
    natura   vanno   iscritte   anche   se   fiscalmente   e
    contributivamente esenti.
     

Chi sono i destinatari e i beneficiari del welfare?

Prima di redigere un piano welfare, attraverso un regolamento interno o un contratto collettivo o un accordo, è necessario individuarne i destinatari. Per far sì che i beni e servizi erogati a titolo di welfare siano esclusi, totalmente o parzialmente, dal reddito di lavoro dipendente, è necessario che siano offerti alla generalità ovvero a categorie omogenee di lavoratori, come stabilito dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 55/E/2020.

Sul punto l’Amministrazione Finanziaria, con una precedente circolare, la n. 5/E/2018, si è espressa in merito alla definizione di “categorie di lavoratori”. In particolare l’Agenzia delle Entrate ha precisato che il legislatore, quando fa riferimento alla “generalità dei dipendenti” o alle “categorie di dipendenti” si riferisce alla generica disponibilità di opere, servizi, somme ecc. verso un gruppo omogeneo di dipendenti, anche se alcuni di questi non fruiscono di fatto delle predette “utilità”9. L’Agenzia delle Entrate ha ulteriormente chiarito che con l’espressione “categorie di dipendenti” non deve essere intesa solo in relazione alle categorie previste dal Codice Civile, quali dirigenti, quadri, impiegati e operai, ma a tutti i dipendenti di un certo tipo (ad esempio, tutti i dipendenti di un certo livello o di una certa qualifica, ovvero tutti gli operai del turno di notte ecc.), purché tali inquadramenti siano sufficienti ad impedire, in senso teorico, che siano concesse erogazioni ad personam in esenzione totale o parziale da imposte.

Inoltre, l’Amministrazione Finanziaria ha precisato che il legislatore non riconosce l’applicazione delle disposizioni elencate all’art. 51, c. 2 del T.U.I.R. se le somme o i servizi siano rivolti ad personam, ovvero costituiscano dei vantaggi solo per alcuni e ben individuati lavoratori. Infatti se il datore di lavoro offre un bene e/o un servizio ad un solo lavoratore, comporta la perdita del beneficio contributivo e fiscale in capo al dipendente e di conseguenza il welfare formerà retribuzione imponibile.

Negli anni, a seguito dei molteplici chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate, si è consolidata una prassi che, oggi, consente l’applicazione di norme agevolative individuate nel piano di welfare aziendale quando è possibile individuare un insieme ben distinto di dipendenti o di collaboratori, a cui concedere opere e/o servizi e/o beni che il datore di lavoro vuole erogare.

Tuttavia nel 2024 l’Agenzia delle Entrate, con l’interpello n. 57/2024 ha fornito un’interpretazione più restrittiva delle locuzioni “generalità di dipendenti” ovvero “categorie di dipendenti” rispetto alle circolari e risoluzioni precedentemente emanati. Nello specifico l’Amministrazione Finanziaria ha stabilito che non è possibile individuare una “categoria di dipendenti” sulla base di una distinzione non legata alla prestazione lavorativa ma a caratteristiche o condizioni personali o familiari del dipendente. Di conseguenza l’attribuzione del welfare aziendale in base allo status di maternità, secondo l’Agenzia delle Entrate, non è idonea ad individuare una “categoria di dipendenti”, poiché ritiene che gli importi erogati a titolo di welfare aziendale devono assumere una rilevanza reddituale ai sensi dell’art. 51, c. 1 del T.U.I.R..

Qual è il rischio? La compromissione delle iniziative intraprese dalle aziende a supporto della genitorialità10.

Come stabilito dall’art. 51, c. 2 del T.U.I.R. a seconda della tipologia di beni e servizi erogati, il welfare può essere riconosciuto al lavoratore destinatario, a un suo familiare o al lavoratore e al suo familiare. Quando il legislatore fa riferimento ai familiari del lavoratore dipendente è necessario richiamare gli artt. 12 del T.U.I.R. e 433 c.c., i quali elencano i familiari beneficiari del welfare:

  • Coniuge non legalmente ed effettivamente separato;
  • Figlio, compresi i figli naturali riconosciuti, i figli adottivi o affidati, e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi;
  • I genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti prossimi;
  • Gli adottanti;
  • I generi e le nuore;
  • Il suocero e la suocera;
  • I fratelli e le sorelle germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli unilaterali.

 

Quali beni e servizi possono essere inseriti nel piano welfare?

I beni e servizi che possono essere inseriti nel piano welfare sono disciplinati dall’art. 51 del T.U.I.R. e in particolare dal comma 2 alle lettere a), c), d), d bis), f), f bis), f ter), f quater), h) e dal secondo periodo del comma 3.

La scelta dei beni e servizi da inserire, oltre che per rispondere alle specifiche esigenze dei lavoratori coinvolti, può essere fatta avendo a riferimento 3 fattori:

  1. Presenza di eventuali limiti di spesa/rimborso o deducibilità;
  1. Soggetti beneficiari delle misure di welfare;
  1. Le finalità che l’azienda vuole perseguire.

Limiti di spesa/rimborso/deducibilità

Nel paniere dei beni e servizi di welfare che possono essere messi a disposizione dei Collaboratori, il legislatore all’art 51 T.U.I.R. ha previsto, per alcuni di essi, alcuni limiti di erogazione avendo a riferimento l’esenzione fiscale e previdenziale:

  Senza alcun limite Con limite  
   
       
  Oneri sociali Buoni pasto  
       
  Spese di istruzione Previdenza complementare  
       
  Assistenza agli anziani e alle persone non Assistenza sanitaria integrativa  
  autosufficienti    
       
  Trasporto pubblico    
    Beni e servizi di cui all’art. 51, co. 3 T.U.I.R.  
  Assicurazione contro il rischio di non  
  autosufficienza    
       

Si ricorda che per i beni e servizi di cui all’art. 51 co. 3 T.U.I.R., la legge di Bilancio ha innalzato per il solo anno 2024 il limite ordinario di 258,23 annui a 1.000,00 euro per tutti i lavoratori, con ‘upgrade’ a 2.000,00 euro per i lavoratori con figli a carico.

Entro tali limiti si ricomprendono anche l’eventuale pagamento o rimborso delle utenze domestiche nonché il pagamento/rimborso delle spese di affitto e degli interessi su mutui ipotecari sull’abitazione principale.

Soggetti beneficiari

Nella scelta del paniere, è possibile anche effettuare la scelta dei beni e servizi sulla base dei soggetti che beneficeranno degli stessi.

Soggetti beneficiari   Beni e servizi
     
Lavoratori ● Oneri e servizi di utilità sociale
  ●  Contributi o premi versati contro il rischio di non
    autosufficienza
  ●  Abbonamenti per il trasporto pubblico locale,
    regionale e interregionale
  ● Assistenza sanitaria integrativa
  ● Previdenza complementare
  ●  Mensa e servizio sostitutivo mensa
  ●  Beni e servizi di cui all’art. 51, co. 3
     
Familiari di cui all’art. 12 ● Oneri e servizi di utilità sociale
  ● Spese di istruzione
  ●  Assistenza anziani e familiari non autosufficienti
     
Familiari di cui all’art. 12 ● Abbonamenti per il trasporto pubblico locale,
fiscalmente a carico   regionale e interregionale
     

 

Le finalità che l’azienda vuole perseguire

La scelta del paniere dei beni e servizi infine può essere fatta anche mediante le finalità che l’azienda vuole perseguire o incentivare con il proprio piano welfare.

Finalità   Beni e servizi di welfare
     
Mobilità sostenibile ● Abbonamento a trasporto pubblico locale, regionale e
    interregionale
  ●  Servizi di trasporto collettivo organizzati dall’azienda
     
Sanitaria ● Assistenza sanitaria integrativa
  ●  Visite specialistiche, check-up, esami, cure odontoiatriche
     
Previdenza ● Contributi e premi contro il rischio di non autosufficienza
  ● Previdenza complementare
     
Famiglia ● Servizi di educazione e istruzione
  ●  Somme, servizi e prestazioni per assistenza familiari anziani e
    non autosufficienza
     
Alimentari ● Servizi di vitto e mensa – buoni pasto
     
Educazione e istruzione ● Corsi extraprofessionali, corsi di formazione, corsi di lingua,
    servizi di orientamento allo studio, libri di testo, rette
    scolastiche
     
Svago/ricreativo ● Abbonamenti pay-tv, cinema, teatro, palestre, centri sportivi,
    quotidiani, pacchetti completi di viaggio, viaggi e soggiorni,
    mostre, musei, biblioteche, ingressi a competizioni sportive,
    altre attività ricreative
  ●  Buoni carburante, buoni spesa, buoni acquisto (nel limite di
    258,23 annui)
     
          Tabella di sintesi  
  BENI E SERVIZI SENZA ALCUN LIMITE DI SPESA O DI RIMBORSO  
                 
          ONERI SOCIALI  
               
  Oggetto     Utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro      
           
        volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di      
        regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di      
        dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12 per le finalità di cui al      
        comma 1 dell’articolo 100 OVVERO finalità di educazione, istruzione,      
        ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto.      
                 
                 
  Beneficiari     • LAVORATORI      
       
        • FAMILIARI      
               
                 
  Modalità di     -Messa a disposizione dei dipendenti e ai familiari tramite strutture di      
       
  erogazione       proprietà dell’azienda ovvero tramite il ricorso a strutture esterne      
          all’azienda      
        –No a rimborsi di spese sostenute dal dipendente o di pagamento      
          diretto…      
               
                 
  Limite di spesa     Nessuno      
           
  e importo              
                 
                 
               
          SPESE DI ISTRUZIONE  
             
  Oggetto     Somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità    
         
        dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei    
        familiari indicati nell’articolo 12, dei servizi di educazione e istruzione anche    
        in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi,    
        nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse    
        di studio a favore dei medesimi familiari    
               
                 
  Beneficiari     • FAMILIARI    
         
                 
                 
          14      

 

  Modalità di       •Pagamento diretto o messa a disposizione direttamente da parte della  
       
             
  erogazione Società  
  • Rimborso delle spese sostenute dal dipendente dietro presentazione di documentazione attestante la spesa
    Limite di spesa       Nessuno    
             
    e importo              
                     
                 
                 
    ASSISTENZA AGLI ANZIANI E ALLE PERSONE NON AUTOSSUFICIENTI    
                   
    Oggetto       Somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei      
               
              dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione dei servizi di      
              assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati nell’articolo 12      
                   
                     
    Beneficiari       •FAMILIARI ANZIANI – soggetti che hanno compiuto 75 anni      
           
              •FAMILIARI NON AUTOSUFFICIENTI – coloro che non sono in      
              grado di compiere gli atti della vita quotidiana – persona che      
              necessita di sorveglianza continuativa (risultante da certificazione      
              medica)      
                 
                     
    Modalità di       •Pagamento diretto o messa a disposizione direttamente da parte della      
                 
    erogazione         Società      
              •Rimborso delle spese sostenute dal dipendente dietro presentazione di      
              documentazione attestante la spesa      
                 
                     
    Limite di spesa       Nessuno      
               
    e importo              
                     
                     

ASSICURAZIONE CONTRO IL RISCHIO DI NON AUTOSUFFICIENZA DEL LAVORATORE

  Oggetto     contributi e i premi versati dal datore di lavoro, senza limiti di importo, alla  
       
        generalità o a categorie di dipendenti per prestazioni, anche in forma  
        assicurativa, aventi ad oggetto il rischio di non autosufficienza nel  
        compimento degli atti della vita quotidiana (Long Term Care) o aventi per  
        oggetto gravi patologie (Dread Disease)  
             
             
  Beneficiari     • LAVORATORI  
     
             
             
  Modalità di     1. CONTRIBUTI AD ENTI (es., casse di assistenza sanitaria o sociale,  
       
  erogazione       forme pensionistiche complementari) che si assumono l’impegno di  
          erogare dette prestazioni. In tal caso, le prestazioni possono essere  
          rese sia in forma diretta dagli enti sia dalla compagnia con la quale  
          l’ente abbia stipulato una polizza assicurativa;  
        2. PREMI ASSICURATIVI – In tal caso, le prestazioni sono rese  
          direttamente dalla compagnia assicurativa.  
         
             
  Limite di spesa     Nessuno  
     
  e importo          
             
             

ABBONAMENTO A TRASPORTO REGIONALE O INTERREGIONALE

  Oggetto     Le somme erogate o rimborsate alla generalità o a categorie di dipendenti  
       
        dal datore di lavoro o le spese da quest’ultimo direttamente sostenute,  
        volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto, di accordo o di  
        regolamento aziendale, per l’acquisto degli abbonamenti per il trasporto  
        pubblico locale, regionale e interregionale del dipendente e dei familiari  
        indicati nell’articolo 12 che si trovano nelle condizioni previste nel comma 2  
        del medesimo articolo 12.  
           
           
  Beneficiari     •LAVORATORI  
       
        •FAMILIARI FISCALMENTE A CARICO  
           
         
      16  

 

  Modalita’ di     1.  Pagamento diretto o messa a disposizione direttamente da parte della    
         
  erogazione     Società        
        2.  Rimborso delle spese sostenute dal dipendente dietro presentazione di    
        documentazione attestante la spesa        
                 
                   
  Limite di spesa     Nessuno        
             
  e importo                
                   
         
    BENI E SERVIZI CON LIMITI DI SPESA O RIMBORSO  
                   
        Bene o servizio     Limite annuo    
               
                   
                   
  Contributi di ASSISTENZA SANITARIA versati ad enti o casse     Euro 3.6215,20    
       
  aventi esclusivamente fine assistenziale in conformità a disposizioni di          
  contratto, accordo o regolamento aziendale          
                 
                   
  Contributi a carico del dipendente e del datore di lavoro (escluso il Tfr)     Euro 5,164,57    
       
  da VERSARE AI FONDI PREVIDENZA COMPLEMENTARE          
                   
                   
  Buoni pasto           Euro 4,00 cartacei    
             
              Euro 8,00 telematici    
               
                   
  Beni ceduti e dei servizi prestati     Euro 258,23    
         
              Per il solo anno    
              2024 limite    
              innalzato a 1.000    
              euro ovvero 2.000    
              per lavoratori con    
              figli a carico    
                   
                   

Si ricorda che nel caso di:

  • contributi di ASSISTENZA SANITARIA versati ad enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale;
  • contributi a carico del dipendente e del datore di lavoro (escluso il TFR) da VERSARE AI

FONDI PREVIDENZA COMPLEMENTARE.

  • dovuto il versamento del contributo di solidarietà INPS del 10% sulle quote a carico del datore di lavoro.

Punti di attenzione: importo da stanziare, cosa posso e cosa non posso fare con il welfare aziendale

Trattandosi di beni e servizi per i quali il legislatore prevede l’esenzione fiscale e generalmente contributiva, è necessario prestare attenzione nella regolamentazione al fine di evitare un uso distorto dello strumento.

Che importo stanziare?

Fermo restando i limiti di legge sopra individuati, non esiste un limite minimo e massimo di plafond da mettere a disposizione dei lavoratori. L’AdE ha però chiarito che ci deve essere sempre una ragionevole proporzionalità del welfare detassato rispetto all’ordinaria retribuzione monetaria «sempreché l’erogazione in natura non si traduca in un aggiramento degli ordinari criteri di determinazione del reddito di lavoro dipendente in violazione dei principi di capacità contributiva e di progressività dell’imposizione».

  SI     NO  
       
           
           
  Importo fisso uguale per tutti i lavoratori   Importo ad personam
       
  Importo differenziato per categoria   Sproporzione tra RAL e valore welfare
       
  Importo in misura % della RAL   Riduzione di retribuzione imponibile con
        erogazione di valore welfare
           

Cosa non si può fare con il welfare?

Impossibilità di monetizzare il welfare.

Il credito welfare non può essere sostituito con somme in denaro.

Impossibilità sostituire elementi retributivi con il welfare.

Il welfare aziendale non può in alcun modo sostituire elementi retributivi (quali superminimi, TFR, premi individuali).

Impossibilità di sostituire altri elementi contrattuali.

Non è possibile convertire il valore di ore/giornate di permesso o di ferie non godute in welfare.

Impossibilità di utilizzare il welfare per erogare premi individuali

Talvolta si assiste a un utilizzo improprio del welfare, ovvero a piani di welfare che utilizzano il welfare aziendale come forma di premio/incentivo individuale. Ricordiamo che la normativa riconosce al welfare aziendale i benefici fiscali proprio per la sua natura sociale.

  • inoltre chiara nel dire che il welfare deve essere rivolto alla generalità dei lavoratori o a categorie omogenee degli stessi. Da qui l’impossibilità che, premi basati su una misurazione delle performance individuale specifica, siano corrisposti mediante il welfare.

Il piano di welfare può essere collegato a obiettivi ma è opportuno che tali obiettivi siano collettivi.

  • possibile prevedere una riparametrazione del valore welfare sulla base di criteri comuni che, pur determinando differenze nel valore riconosciuto ai singoli dipendenti, valgano per la generalità dei lavoratori o categorie omogenee degli stessi (esempio: anzianità di servizio; RAL).

Occorre tuttavia maneggiare la materia con la dovuta cautela in quanto il welfare non può essere utilizzato per erogare premi individuali.

  • possibile prevedere un differente valore welfare per categorie omogenee di lavoratori.

Occorre aver chiaro cosa si intende per categoria omogenea e maneggiare la materia con la dovuta cautela in quanto si ricorda che il welfare non può essere utilizzato per erogare premi individuali.

I valori welfare riconosciuti dal piano non possono essere convertiti in moneta in caso di residuo. L’unica eccezione è rappresentata dal residuo derivante dalla quota di premio di risultato che il lavoratore ha scelto di convertire in welfare.

In questo caso trattandosi in origine di una somma riconosciuta come premio di risultato potrà essere erogato in moneta applicando però la relativa tassazione.

Alcune regole fondamentali da seguire…

  • preferibile evitare di sostituire in modo evidente un premio che dovrebbe essere erogato in denaro con un premio identico che viene erogato in welfare; si tratterebbe infatti di una palese elusione della tassazione dovuta sul premio originario.
  • possibile differenziare i presupposti per accesso al welfare (esempio dipendenti in % della RAL, amministratori in base alla partecipazione nel cda).
  • possibile subordinare erogazione welfare al raggiungimento di un risultato aziendale (es. utile/fatturato/EBITDA/MOL) che giustifica il welfare economicamente.

IL WELFARE NASCE E MUORE WELFARE: beni e servizi assegnati al dipendente nell’ambito del Piano di welfare non possono essere:

  • convertibili in denaro su opzione del lavoratore dipendente;
  • rimborsabili al lavoratore dipendente, in caso di non utilizzo e/o al termine del Piano (nemmeno sotto forma di indennizzo o rimborso).

La scelta tra denaro o welfare è consentita solo in caso di premi di risultato o di premi di partecipazione agli utili, secondo quanto previsto dalla Legge di Stabilità 2016.

Introdurre un piano di welfare in azienda: la check list per definire i passaggi fondamentali e le modalità di comunicazione ai lavoratori

La check list per la corretta gestione di un piano di welfare

Come rilevato dall’analisi sin qui operata, un piano di welfare aziendale risponde ad una funzione di integrazione sussidiaria alle esigenze di varia natura dei lavoratori e alle loro famiglie.

Al fine di evitare un carico di costi che potrebbe rivelarsi infruttuoso è quanto mai consigliato procedere con un’analisi approfondita sia degli obiettivi che si vogliono raggiungere, sia delle esigenze manifestate dai lavoratori occupati in azienda.

Proprio per questo, la prima fase di introduzione di un piano di welfare attiene all’analisi che possiamo definire interna, in quanto mira a unire il soddisfacimento dei bisogni dei lavoratori con le esigenze e le risorse dell’azienda.

Nella progettazione dell’intervento bisogna procedere poi, con l’analisi socio – demografica della popolazione aziendale. Si tratta di una fase molto delicata perché da essa deriva l’individuazione dei beni e servizi da mettere a disposizione dei lavoratori e la definizione delle categorie alle quali si destineranno gli interventi.

La seconda fase, invece, concerne la progettazione e attivazione dei servizi che consiste nella scelta dello strumento che, in seguito all’indagine effettuata in precedenza, risulta essere quello più consono alle esigenze dei lavoratori e dell’azienda.

In questo processo potranno essere coinvolte le Rappresentanze sindacali aziendali (R.S.A.) e le Rappresentanze sindacali unitarie (R.S.U.). In ultimo è opportuno ricordare come il datore di lavoro possa servirsi di piattaforme web per gestire il welfare aziendale.

La terza fase, è una fase che non deve essere sottovalutata e trascurata perché dall’attività di informazione ne deriva anche il successo del programma. Essa riguarda la realizzazione del piano e la comunicazione ai lavoratori dello stesso. Il rendere partecipe il dipendente degli obiettivi, delle scelte attese e soprattutto delle risorse messe a disposizione è estremamente proficuo e contribuisce anche a migliorare le relazioni interpersonali e il clima aziendale.

Quarta ed ultima fase è quella del monitoraggio relativamente all’utilizzo dei servizi e beni con individuazione di indicatori di efficacia. Questo al fine di consentire nel tempo un’eventuale revisione e una più corretta valutazione delle scelte adoperate.

Si possono agevolmente schematizzare i passaggi di cui sopra mediante il seguente schema:

  1. ANALIZZARE:
  • analisi della situazione aziendale
  • mappatura della popolazione aziendale: come si fa
  • analisi dei bisogni concreti
  • reperimento delle risorse (budget)
  • analisi e verifica fattibilità attraverso simulazioni
  1. PROGETTARE:
  • scelta dello strumento
  • condivisione con R.S.A./R.S.U.
  • reperimento fornitori – partner
  1. REALIZZARE:
  • stendere la fonte normativa
  • stipulare convenzioni dopo selezione fornitori – valutare l’utilizzo di piattaforma
  • comunicazione ai lavoratori
  1. MONITORARE:
  • analisi periodica dell’andamento
  • verifica gradimento lavoratori
  • modifica del piano se necessaria

Il sondaggio esplorativo fra i lavoratori

Come anticipato, la prima fase di analisi accoglie al suo interno la cosiddetta mappatura della popolazione aziendale, che può essere efficacemente svolta mediante la somministrazione di un questionario ai lavoratori.

Il questionario, che si introduce in una fase iniziale, può essere condotto in maniera del tutto anonima, in funzione del fatto che in questa prima fase di creazione dei dati è necessario avere un riscontro meramente numerico; saranno poi i sondaggi successivi, di gradimento, che potranno essere condotti nominativamente, così da poter definire in maniera chiara e funzionale eventuali correzioni al piano iniziale.

Il sondaggio ai lavoratori può essere costituito da un insieme di domande utili a definire il loro grado di conoscenza dell’istituto, i loro bisogni e le loro aspettative.

  • possibile prevedere un elenco di domande di questo tenore: Sai quali sono i beni di welfare previsti dalla normativa?

Quali beni sono di tuo interesse (vacanze, abbonamenti, spese mediche, corsi di formazione)? Preferiresti una somma più bassa di premio o una somma più alta in beni welfare?

Hai familiari a carico?

Sai che puoi sostenere le spese per i familiari con il welfare? Hai conoscenti o amici che usufruiscono del welfare aziendale? I tuoi amici sono soddisfatti del welfare aziendale?

Sai come spendere il welfare aziendale? Vorresti approfondire l’argomento?

A tal proposito, lo stesso settimo Rapporto Censis, pubblicato lo scorso 21 febbraio 2024, rileva come il 95% delle aziende ritenga che occorrerà adattarsi al più alto valore attribuito dai lavoratori al tempo libero; una quota analoga alla più dura competizione sul mercato del lavoro per attrarre o trattenere lavoratori; il 71% ad affrontare un elevato turnover in entrata e in uscita. Si propone di seguito la tabella condivisa nel documento in commento.

 

 

Caso di studio: le buone prassi delle grandi aziende italiane

Il settimo rapporto Censis, già menzionato nel precedente paragrafo, rileva come il 67,7% degli occupati in Italia vorrebbe, per il futuro, ridurre il tempo dedicato all’attività lavorativa: lo vorrebbe fare il 65,5% dei giovani, il 66,9% degli adulti e il 69,6% degli over 50enni. E il 68,4% dei dirigenti, il 71,2% degli impiegati, il 68,4% degli operai.

  • in parte in funzione di questi aspetti che il welfare aziendale sta assumendo sempre più le sembianze di wellbeing ed è caratterizzato da nuove forme di supporto ai lavoratori: due casi emblematici sono l’introduzione della settimana corta (adottata da diverse grandi aziende nell’arco del 2023) e la conversione di premi di risultato in ore di permesso aggiuntivo da fruire (cosiddetti welfare days, previsti nell’accordo aziendale di ENEL del 5 luglio 2023 e nell’accordo aziendale di UniCredit del 13 febbraio 2024).

Quali  sono  le  misure  di  welfare  maggiormente  adottate  ad  oggi  dalle  grandi  Imprese?

Schematizziamo alcuni dei più recenti interventi mediante la tabella di seguito riportata:

 

Immagine 2024-05-31 093407

Conclusioni

Concludiamo il presente elaborato condividendo una doverosa riflessione, maturata anche in funzione dei recenti risultati del settimo Rapporto Censis, in parte condivisi nei paragrafi precedenti.

In questa fase storica il mercato del lavoro risulta essere sempre più competitivo, “ma con sempre meno mezzi per giocare la partita dell’attraction e della retention”. I lavoratori hanno la necessità di essere maggiormente ascoltati e di ricevere un maggior riconoscimento del proprio benessere psicofisico da parte delle aziende. Da ciò ne deriva che “entrambi (ndr. datore di lavoro e lavoratori) sono consapevoli che il welfare aziendale, oltre alle ormai consolidate ma fuorvianti finalità retributive, possa contribuire concretamente al benessere dei lavoratori attraverso un approccio nuovo, individuale, attivo, che superi l’obsoleto approccio riparativo o rivolto solo a lavoratori in difficoltà, e che invece migliori la qualità della vita di tutti”.

Questa è tuttavia solo una base di partenza, perché ben l’84,3% di chi già conosce e fruisce dei servizi di welfare vorrebbe che venissero potenziati all’interno del proprio ambiente di lavoro e -fra questi lavoratori- l’89,2% vorrebbe una personalizzazione dei servizi di welfare aziendale (con tutto ciò che ne comporta sia in termini di gestione per categorie omogenee, che di sondaggio e test di gradimento periodico).

Un ulteriore aspetto interessante riguarda l’83,8% dei lavoratori che oggi non vi ha accesso, caratterizzati dal desiderio di fruire di misure di welfare nella propria azienda. Secondo le stime del rapporto in commento, “l’apprezzamento arriva al punto che il 79,5% degli occupati vedrebbe con favore un aumento retributivo sotto forma di una o più prestazioni di welfare”.

Secondo le statistiche elaborate nel documento in commento, inoltre, “la personalizzazione del welfare implicherebbe un dialogo costante e diretto tra lavoratore e azienda, per far emergere bisogni, desideri e aspettative da un lato e possibili soluzioni dall’altro. Per questo i lavoratori sono sempre più disaffezionati al lavoro, chiedono di essere ascoltati (89%) e reclamano più attenzione alla qualità della loro vita (61%).”

Da ultimo, ben il 72,4% apprezzerebbe la presenza di un consulente per il welfare che li supportasse nell’affrontare eventuali problemi con la sanità, la previdenza, la scuola dei figli, ecc., oltre a desiderare la possibilità di accedere a servizi di welfare aziendale tramite app su smartphone, facilitandone l’utilizzo.

Possiamo quindi concludere che il tema del welfare aziendale è più che mai attuale ed è, soprattutto oggi, uno strumento efficace per costruire politiche di retention efficaci fra i lavoratori; tuttavia, anche l’istituto del welfare aziendale è stato investito dall’evoluzione che caratterizza l’attuale mercato del lavoro (in parte collegata anche al cambio generazionale in corso) e, pertanto, per garantirne un uso efficiente è necessario analizzare questo strumento da una prospettiva differente rispetto a quella storicamente condivisa.

 

A cura di Simone Baghin, Eleonora Maria Fongaro, Barbara Garbelli, Eleonora Zambon

Written by:
Studio Lorenza Salardi
Published on:
31 Maggio 2024

Archiviato in: Informative dello Studio

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