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STUDIO SALARDI DI LORENZA SALARDI

Studio di Consulenza del Lavoro

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INFORMATIVA: ULTIME NOVITA' IN MATERIA DI LAVORO.

INFORMATIVA: ULTIME NOVITA’ IN MATERIA DI LAVORO

STUDIO SALARDI

 

 INSERTI DEDICATI:

 

  • DECRETO SOSTEGNI BIS: LE ALTERNATIVE A DISPOSIZIONE PER I DATORI DI LAVORO DOPO LA CIGO COVID-19;

 

  • DECRETO SOSTEGNI BIS: IL DIVIETO DI LICENZIAMENTO;

 

  • DECRETO SOSTEGNI BIS: IL CONTRATTO DI RIOCCUPAZIONE;

 

  • PROROGA/RINNOVO DI CONTRATTI A TERMINE IN CASO DI LAVORATORI DESTINATARI DI AMMORTIZZATORI SOCIALI PER COVID-19;

 

  • SMART WORKING: IMPONIBILE IL RIMBORSO DEL COSTO SOSTENUTO PER LA CONNESSIONE INTERNET;

 

  • RADDOPPIO DELLA SOGLIA DI ESENZIONE DEI FRINGE BENEFITS ANCHE PER IL 2021;

 

  • WELFARE AZIENDALE E DAD: ESENTE IL RIMBORSO SPESE PER L’ACQUISTO DI PC, TABLET E LAPTOP;

 

  • NASPI SOLO CON L’ACCORDO COLLETTIVO AZIENDALE.

 

 

 

DECRETO SOSTEGNI BIS: LE ALTERNATIVE A DISPOSIZIONE PER I DATORI DI LAVORO DOPO LA CIGO COVID-19

 

 

Il Decreto Legge n. 73 del 25 maggio 2021 (c.d. Decreto Sostegni bis), all’art. 40, definisce le alternative a disposizione dei datori di lavoro rientranti nel campo di applicazione della CIGO che si trovino a dover sospendere o ridurre l’attività lavorativa e abbiano, dunque, la necessità di accedere agli ammortizzatori sociali dopo la CIGO COVID-19.

 

I datori di lavoro in questione risultano coperti fino al 30 giugno 2021 grazie alle 13 settimane previste dal DL n. 41/2021 (c.d. Decreto Sostegni), da collocarsi a decorrere dal 1° aprile. Tali settimane si aggiungono alle 12 concesse dalla Legge n. 178/2020 ed utilizzate nel periodo compreso tra il 1° gennaio e il 31 marzo 2021.

 

Nello specifico, i datori di lavoro soggetti alla CIGO, all’occorrenza, potranno richiedere

 

NOVITÀ            O a partire dal 1° luglio 2021, la cassa integrazione salariale ai sensi degli artt. 11 e 21 del D.Lgs n. 148/2015 (dunque, CIGO e CIGS con causali tradizionali) senza, tuttavia, vedersi applicato il contributo addizionale fino al 31 dicembre 2021;

 

  • in alternativa, dal 26 maggio (data di entrata in vigore del DL n. 73/2021) e fino al

 

31 dicembre 2021, subordinatamente alla sussitenza di un calo di fatturato del 50% nel primo semestre 2021 rispetto alla stesso periodo del 2019, la cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga alle disposizioni di cui agli artt. 4 e 21 del D.Lgs n. 148/2015 (dunque, in deroga ai limiti di durata massima e alle causali), per una durata massima di 26 settimane, previa stipula di accordi collettivi aziendali di riduzione dell’attività lavorativa dei lavoratori in forza, finalizzati al mantenimento dei livelli occupazionali nella fase di ripresa delle attività dopo l’emergenza epidemiologica.

 

Di seguito si esaminano le due alternative sopra indicate sulla base del disposto normativo, in attesa della circolare illustrativa da parte dell’INPS.

 

CIGO E CIGS CON CAUSALI TRADIZIONALI

 

Il DL n. 73/2021 (Decreto Sostegni bis), all’art. 40, comma 3, dispone che i datori di lavoro di cui all’art. 8, comma 1 del DL n. 41/2021 (Decreto Sostegni), dunque, datori di lavoro che, fino al 30 giugno 2021, a fronte della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza COVID-19, possono presentare, per i lavoratori in forza alla data del 23 marzo 2021, domanda di CIGO per una durata massima di 13 settimane, da collocarsi a partire dal 1° aprile,

 

 

 

NOVITÀ

Dal prossimo 1° luglio 2021, in caso di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa, potranno presentare domanda di integrazione salariale (CIGO e CIGS) ai sensi degli artt. 11 e 21 del D.Lgs n. 148/2015.

NB

In sostanza, per tali datori di lavoro, dal 1° luglio, viene meno la possibilità di accedere alla cassa integrazione con causale COVID-19: in caso di necessità, dovranno richiedere i “tradizionali” ammortizzatori sociali disciplinati dal D.Lgs n. 148/2015 e sottostare alle relative causali di intervento e regole di fruizione.

 

 

A tale proposito, il D.Lgs n. 148/2015 riconduce,

 

  • all’ 11, le causali di accesso alle integrazioni salariali ordinarie (CIGO) a

 

– situazioni aziendali dovute a eventi transitori e non imputabili all’impresa o ai dipendenti, incluse le intemperie stagionali;

– situazioni temporanee di mercato;

 

  • all’ 21, le causali di accesso alle integrazioni salariali straordinarie (CIGS) a

 

– riorganizzazione aziendale;

 

– crisi aziendale, ad esclusione (a decorrere dal 1° gennaio 2016) dei casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa;

– contratto di solidarietà.

 

Il ricorso agli ammortizzatori “tradizionali” normati dal D.Lgs n. 148/2015 non solo richiederà la sussistenza delle causali sopra indicate, ma comporterà anche l’applicazione delle regole e dei limiti di fruizione previsti, esclusi, invece, dai vari decreti emergenziali, in caso di utilizzo degli ammortizzatori con causale COVID-19. Basti pensare, ad esempio, alla rilevanza che il periodo di cassa integrazione richiesto, a partire dal 1° luglio prossimo, avrà ai fini del computo dei limiti di durata massima dei trattamenti autorizzabili (52 settimane nel biennio mobile per la CIGO nonché 24 mesi nel quinquennio mobile per la CIGS, ecc.).

 

Rimane da chiarire per quali lavoratori possa essere richiesto l’ammortizzatore tradizionale in oggetto. Il richiamo all’art. 8, comma 1 del DL n. 41/2021, presente nel comma 3, art. 40 del DL n. 73/2021, porterebbe a ritenere che si tratti dei lavoratori in forza alla data 23 marzo 2021 per i quali, al 1° luglio 2021, risulterebbe peraltro soddisfatto anche il requisito dell’anzianità lavorativa di almeno 90 giorni previsto ordinariamente per l’accesso ai trattamenti di integrazione salariale. Sul punto, tuttavia, si attendono indicazioni da parte dell’INPS.

 

NB Per i datori di lavoro che accedono agli ammortizzatori tradizionali ai sensi del D.Lgs
n. 148/2015, l’unica concessione espressamente contemplata nel Decreto Sostegni
  bis riguarda l’esonero dal pagamento del contributo addizionale per i periodi di cassa
  integrazione richiesti per il periodo compreso tra il 1° luglio e il 31 dicembre 2021. Il

beneficio contributivo in oggetto (di fatto, l’esonero dal pagamento del contributo addizionale)

 

è riconosciuto nel limite di minori entrate contributive pari a 163,7 milioni di euro per l’anno 2021. L’INPS provvederà al monitoraggio del rispetto del limite di spesa.

 

CIGS IN DEROGA

 

Per espressa previsione dell’art. 40, comma 1 del DL n. 73/2021, in alternativa ai trattamenti di integrazione salariale sopra indicati (CIGO e CIGS da D.Lgs n. 148/2015), i datori di lavoro privati di cui all’art. 8, comma 1 del DL n. 41/2021, dunque, datori di lavoro che, fino al 30 giugno 2021, a fronte della sospensione o riduzione dell’attività lavorativa per eventi riconducibili all’emergenza COVID-19, possono presentare, per i lavoratori in forza alla data del 23 marzo 2021, domanda di CIGO per una durata massima di 13 settimane, da collocarsi a partire dal 1° aprile,

 

dal 26 maggio (data di entrata in vigore del DL n. 73/2021) e fino al 31 dicembre 2021, NOVITÀ    subordinatamente alla sussitenza di un calo di fatturato del 50% nel primo semestre 2021 rispetto alla stesso periodo del 2019, potranno fare richiesta di cassa integrazione guadagni straordinaria in deroga alle disposizioni di cui agli artt. 4 e 21 del D.Lgs n. 148/2015 (dunque, in deroga ai limiti di durata massima e alle causali), per una durata massima di 26 settimane, previa stipula di accordi collettivi aziendali (ai sensi dell’art. 51, D.Lgs n. 81/2015) di riduzione dell’attività lavorativa dei lavoratori in forza al 26 maggio 2021 (data di entrata in vigore del Decreto Sostegni bis), finalizzati al mantenimento dei livelli

 

occupazionali nella fase di ripresa delle attività dopo l’emergenza epidemiologica.

 

La prima considerazione da fare in relazione al nuovo strumento a sostegno dei datori di lavoro riguarda la platea dei destinatari: non si tratta, infatti, della generalità dei datori di lavoro che, fino al 30 giugno 2021, possono beneficiare delle settimane di CIGO con causale COVID-19 ma solo di quelli che hanno registrato un calo di fatturato del 50% (si ritiene almeno del 50%) nel primo semestre 2021 rispetto alla stesso periodo del 2019. Per quanto concerne i lavoratori interessati dal nuovo strumento, si tratta di quelli in forza alla data del 26 maggio 2021, data di entrata in vigore del Decreto Sostegni bis.

 

Da evidenziare, poi, è la finalità dello strumento: supportare quei datori di lavoro che possono riprendere o continuare l’attività produttiva ma in misura ridotta, questo per garantire il mantenimento dei livelli occupazionali nella fase di ripresa delle attività dopo l’emergenza epidemiologica.

 

 

Il trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria può essere richiesto in deroga alle disposizioni di cui

 

  • all’art. 4 del D.Lgs n. 148/2015 e, dunque, in deroga al limite dei 24 mesi (30 mesi per le imprese del settore edile e lapideo) nel quinquiennio mobile previsto per la durata massima complessiva dei trattamenti di integrazione salariale;
  • all’art. 21 del del D.Lgs n. 148/2015 e, dunque, in deroga alle causali di intervento.

 

Per quanto concerne la decorrenza, il trattamento di integrazione salariale in deroga risulta utilizzabile già dal 26 maggio 2021, dunque, ancora in vigenza del periodo (il cui termine è fissato al prossimo 30 giugno) in cui è possibile fruire dell’ultimo blocco di 13 settimane di CIGO con causale COVID-19 disposte dal Decreto Sostegni. Avrà una durata massima di 26 settimane, da collocarsi entro il 31 dicembre 2021, che, se richieste dal prossimo mese di luglio e fruite in continuità, consentiranno ai datori di lavoro di arrivare grosso modo fino al termine del 2021.

 

Regole di attuazione della riduzione dell’attività

 

Le regole fissate dal DL n. 73/2021 per l’attuazione della riduzione dell’attività lavorativa, per la quale viene richiesto il trattamento CIGS, ricalcano sostanzialmente quelle stabilite per il contratto di solidarietà disciplinato dal D.Lgs. n. 148/2015, risultando, nel complesso, comunque, più favorevoli per le aziende che vi faranno ricorso.

 

In particolare, viene disposto che

 

  • la riduzione media oraria non può essere superiore all’80% dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati dall’accordo collettivo (contro il 60% del contratto di solidarietà tradizionale);
  • per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro non può essere superiore al 90% nell’arco dell’intero periodo per il quale l’accordo collettivo è stipulato (contro il 70% del contratto di solidarietà tradizionale).

 

In linea con quanto stabilito per il contratto di solidarietà tradizionale, è previsto che il trattamento retributivo perso vada determinato inizialmente non tenendo conto degli aumenti retributivi disposti da contratti collettivi aziendali nel periodo di sei mesi antecedente la stipula dell’accordo collettivo. Il trattamento di integrazione salariale è ridotto in corrispondenza di eventuali successivi aumenti retributivi intervenuti in sede di contrattazione aziendale.

 

Gli accordi collettivi, da stipularsi ai sensi dell’art. 51 del D.Lgs n. 81/2015, dunque, con il coinvolgimento delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o dalle loro RSA ovvero dalle RSU, devono specificare le modalità attraverso le quali l’impresa, per soddisfare temporanee esigenze di maggior lavoro, può modificare in aumento, nei limiti del normale orario di lavoro, l’orario ridotto. Il maggior lavoro prestato comporta una corrispondente riduzione del trattamento di integrazione salariale.

 

Per quanto concerne il trattamento di integrazione salariale da riconoscere ai lavoratori impiegati a orario ridotto, lo stesso è fissato in misura pari al 70% della retribuzione globale che sarebbe loro spettata per le ore di lavoro non prestate, senza l’applicazione dei massimali. Resta confermato il riconoscimento della contribuzione figurativa per i relativi periodi.

 

 

NB I datori di lavoro che accederanno a tale ammortizzatore non saranno soggetti al
contributo addizionale.

 

I trattamenti sono concessi nel limite massimo di spesa pari a 557,8 milioni di euro per l’anno 2021.

 

L’INPS provvede al monitoraggio del suddetto limite di spesa.

 

 

 

 

 

 

 

PROROGA CIGS PER CESSAZIONE

 

Nel Decreto Sostegni bis trova spazio, all’art. 45, la proroga della CIGS per cessazione.

La norma di riferimento, a questo proposito, è l’art. 44 del DL n. 109/2018 in base al quale, in deroga ai limiti di durata in relazione alla causale (12 mesi) e alla durata massima prevista nel quinquennio (24 mesi, salvi i casi di utilizzo del contratto di solidarietà che può far arrivare la durata a 36 mesi), dal 28 settembre 2018 e per gli anni 2019, 2020, 2021 e 2022, il Ministero del Lavoro può autorizzare sino a un massimo di 12 mesi il trattamento di CIGS per crisi aziendale qualora l’azienda abbia cessato o cessi l’attività produttiva e

 

  • sussistano concrete prospettive di cessione dell’attività con conseguente riassorbimento occupazionale oppure

 

  • laddove sia possibile realizzare interventi di reindustrializzazione del sito produttivo, nonché in alternativa attraverso specifici percorsi di politica attiva del lavoro posti in essere dalla Regione interessata.

 

Il Decreto Sostegni bis, introducendo il nuovo comma 1-bis all’art. 44 sopra citato, dispone che, in via eccezionale, al fine di sostenere i lavoratori nella fase di ripresa delle attività dopo l’emergenza epidemiologica, dal 26 maggio 2021 (data di entrata in vigore del DL n. 73/2021) e fino al 31 dicembre 2021, può essere autorizzata una proroga di sei mesi del trattamento sopra indicato, previo ulteriore accordo da stipulare in sede governativa presso il Ministero del Lavoro, per le aziende che abbiano particolare rilevanza strategica sul territorio qualora abbiano avviato il processo di cessazione aziendale.

 

 

DECRETO SOSTEGNI BIS:

IL DIVIETO DI LICENZIAMENTO

 

 

Prima di addentrarsi nell’analisi di dettaglio del divieto di licenziamento, anche alla luce di quanto disposto da ultimo, in materia, dal DL n. 73/2021 (Decreto Sostegni bis), risulta necessario illustrare sinteticamente le alternative, ad oggi disponibili, in tema di ammortizzatori sociali utilizzabili dai datori di lavoro che si trovino a dover sospendere o ridurre l’attività produttiva causa COVID-19.

 

In particolare, i datori di lavoro soggetti a

 

  • assegno ordinario e CIGD (DL n. 41/2021, art. 8, comma 2) hanno a disposizione 28 settimane di trattamento da collocarsi nel periodo compreso tra il 1° aprile e il 31 dicembre 2021. Per quanto riguarda il trattamento CISOA, invece, sono previste, nel medesimo arco temporale, 120 giornate (DL n. 41/2021, art. 8, comma 8);

 

NB Per tali datori di lavoro continua ad applicarsi, come stabilito dal Decreto Sostegni, il
divieto di licenziamento, fino al 30 giugno 2021 (ai sensi dell’art. 8, comma 9, DL n.
  41/2021), ulteriormente esteso fino al 31 ottobre 2021 (ai sensi dell’art. 8, comma 10,
  DL n. 41/2021).
       

 

  • CIGO risultano coperti, fino al 30 giugno 2021, grazie alle 13 settimane previste dal Decreto Sostegni (DL n. 41/2021, art. 8, comma 1), da collocarsi a decorrere dal 1° aprile. Dal prossimo 1° luglio, laddove si rendesse necessario sospendere o ridurre l’attività produttiva, tali datori di lavoro potranno richiedere la cassa integrazione salariale ai sensi degli artt. 11 e 21 del D.Lgs n. 148/2015 (dunque, CIGO e CIGS con causali tradizionali, non COVID-19) per un massimo di 26 settimane da collocarsi entro il 31 dicembre 2021.

 

NB Per tali datori di lavoro rimane in vigore il divieto di licenziamento, fino al 30 giugno 2021,
come stabilito dal Decreto Sostegni (DL n. 41/2021, art. 8, comma 9).
  Contestualmente, per quei datori di lavoro ancora in difficoltà che,
       
  dal 1° luglio 2021, accederanno alla CIGO e CIGS ai sensi del D.Lgs n. 148/2015, il
  divieto di licenziamento si estende anche dopo il 30 giugno 2021, per la durata del
  trattamento di integrazione salariale fruito entro il 31 dicembre 2021.

 

 

 

 

 

Come evidenziato in premessa, fino al 30 giugno 2021, rimane in vigore il divieto di licenziamento generalizzato per tutte le aziende (DL n. 41/2021, art. 8, comma 9).

 

Dopo tale data, ossia a partire dal 1° luglio 2021, il divieto continuerà ad applicarsi solamente in relazione all’utilizzo degli ammortizzatori sociali da parte delle aziende. A tale riguardo, occorre compiere la seguente differenziazione.

 

Aziende che presentano domanda di CIGO

 

L’art. 40, comma 4 del Decreto Sostegni bis stabilisce che per i datori di lavoro che presentano domanda di CIGO dal 1° luglio 2021:

  • resta precluso l’avvio delle procedure di licenziamento collettivo di cui agli articoli 4, 5 e 24 della Legge n. 223/1991 per la durata del trattamento di integrazione salariale fruito entro il 31 dicembre 2021;
  • restano altresì sospese nel medesimo periodo le procedure pendenti avviate successivamente al 23 febbraio 2020;

 

  • resta preclusa nel medesimo periodo, indipendentemente dal numero dei dipendenti, la facoltà di recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’art. 3 della Legge n. 604/1966;
  • restano altresì sospese le procedure in corso di cui all’art. 7 della medesima legge.

 

 

 

 

In sostanza, dal 1° luglio 2021, le imprese dell’industria e dell’edilizia si troveranno di fronte a due alternative:

 

  • utilizzare la cassa integrazione ordinaria o straordinaria senza poter licenziare, oppure

 

  • non richiedere l’integrazione salariale e poter licenziare.

 

Aziende che presentano domanda di Assegno ordinario, CIGD, CISOA

 

Le regole restano, invece, immutate per le imprese che utilizzano l’Assegno ordinario (FIS e Fondi di solidarietà bilaterali), la CIG in deroga (CIGD) ed il trattamento di cassa integrazione salariale operai agricoli (CISOA), le quali non possono licenziare fino al 31 ottobre 2021 (art. 8, comma 10, DL 41/2021), a prescindere dalla fruizione dell’ammortizzatore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

ECCEZIONI

 

Oltre a quanto espressamente previsto – nel caso del licenziamento collettivo – per le ipotesi in cui il personale interessato dal recesso, già impiegato nell’appalto, sia riassunto a seguito di subentro di nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale di lavoro o di clausola del contratto di appalto, l’art. 40, comma 5 del Decreto Sostegni bis, stabilisce che le sospensioni e le preclusioni di cui al comma 4 non si applicano nelle ipotesi di seguito indicate:

  • licenziamenti motivati dalla cessazione definitiva dell’attività dell’impresa oppure dalla cessazione definitiva dell’attività di impresa conseguente alla messa in liquidazione della società senza continuazione, anche parziale, dell’attività, nei casi in cui nel corso della liquidazione non si configuri la cessione di un complesso di beni o attività che possano configurare un trasferimento d’azienda o di un ramo di essa ai sensi dell’articolo 2112 del codice civile;
  • accordo collettivo aziendale, stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale, di incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo. A detti lavoratori è, comunque, riconosciuto il trattamento di cui all’art. 1 del D.Lgs. n. 22/2015, ossia la NASpI;

 

  • licenziamenti intimati in caso di fallimento, quando non sia previsto l’esercizio provvisorio dell’impresa o ne sia disposta la cessazione. Nel caso in cui l’esercizio provvisorio sia disposto per uno specifico ramo dell’azienda, sono esclusi dal divieto i licenziamenti riguardanti i settori non compresi nello stesso.

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

FATTISPECIE CONSENTITE

 

Si ricorda che restano, comunque, escluse le seguenti fattispecie di recesso unilaterale dal rapporto di lavoro alle quali dunque il datore di lavoro può procedervi:

 

  • licenziamenti per giusta causa o giustificato motivo soggettivo;

 

  • licenziamenti per superamento del periodo di comporto;

 

  • licenziamento entro il termine del periodo di prova;

 

  • licenziamento per raggiunti limiti di età ai fini della fruizione della pensione di vecchiaia;

 

  • licenziamento ad nutum del dirigente;

 

  • licenziamento dei lavoratori domestici;

 

  • interruzione dell’apprendistato al termine del periodo formativo;

 

  • interruzione del rapporto con l’ex socio di una cooperativa di produzione e lavoro, in caso di precedente risoluzione del rapporto associativo (in base alle disposizioni statutarie o regolamentari in vigore).

 

 

DECRETO SOSTEGNI BIS:

IL CONTRATTO DI RIOCCUPAZIONE

 

 

Tra le novità contenute nel suddetto decreto “Sostegni bis” si segnala l’introduzione, all’articolo 41, del contratto di rioccupazione, volto ad agevolare l’inserimento nel mondo del lavoro dei soggetti disoccupati (ai sensi dell’art. 19, D.Lgs n. 150/2015) nella fase di ripresa delle attività dopo l’emergenza epidemiologica da Covid-19.

 

L’incentivo è operativo dal 1° luglio 2021 e fino al 31 ottobre 2021.

 

Si tratta, in particolare, di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato per il quale trova applicazione la disciplina ordinaria in materia di rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e che va stipulato in forma scritta ai fini della prova.

 

DATORI DI LAVORO BENEFICIARI

 

L’incentivo può essere fruito da tutti i “datori di lavoro privati”. Riprendendo le indicazioni più volte fornite dall’INPS con riferimento a tale definizione, si ritiene rientrino in tale accezione:

 

  • i datori di lavoro “imprenditori”, ex art. 2082 c.c., cioè coloro che svolgono professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni e servizi. Rientrano in tale classificazione anche gli enti pubblici economici, nonché gli organismi pubblici interessati da processi di privatizzazione (trasformazione in società di capitali), indipendentemente dalla proprietà pubblica o privata del capitale;

 

  • i datori di lavoro “non imprenditori”, quali ad esempio associazioni culturali, politiche o sindacali, associazioni di volontariato, studi professionali, ecc..

 

NB L’incentivo non trova applicazione:
O per i datori di lavoro agricoli;
  O per i datori di lavoro domestico;
  O per tutti gli enti della pubblica amministrazione.

 

Licenziamenti nei sei mesi precedenti

 

L’incentivo non spetta ai datori di lavoro che:

 

  • nei sei mesi precedenti l’assunzione,

 

  • hanno effettuato licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo

 

3 della Legge n. 604/1966, ovvero

 

  • licenziamenti collettivi, ai sensi della Legge n. 223/1991,

 

  • nella medesima unità produttiva nella quale sarebbe assunto il lavoratore.

 

 

 

 

 

 

 

 

 SOGGETTI CHE DANNO DIRITTO ALL’ESONERO L’incentivo spetta ai datori di lavoro privati che assumono:

  • nel periodo compreso tra il 1° luglio 2021 e il 31 ottobre 2021,

 

  • persone in stato di disoccupazione ai sensi dell’articolo 19, D.Lgs n. 150/2015, ossia i soggetti privi di impiego che dichiarano, in forma telematica, al sistema informativo unitario delle politiche del lavoro, la propria immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa e alla partecipazione alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il Centro per l’impiego.

 

 

 

PROGETTO INDIVIDUALE DI INSERIMENTO

 

Il contratto di rioccupazione si fonda sulla riqualificazione professionale. Il c.d. decreto “Sostegni bis” difatti pone come condizione essenziale per l’assunzione con il contratto in esame la definizione, in accordo con il lavoratore, di un progetto individuale di inserimento finalizzato a garantire l’adeguamento delle competenze professionali del lavoratore disoccupato al nuovo contesto lavorativo.

 

NB Il progetto individuale di inserimento dura 6 mesi nel corso dei quali è garantita l’applicazione
del sistema sanzionatorio predisposto dalla normativa vigente per licenziamento illegittimo.

 

Al termine del periodo di inserimento le parti possono:

 

  • in linea con quanto previsto dall’articolo 2118 del codice civile, recedere dal contratto dando regolare preavviso. Durante tutto il periodo di preavviso, che decorre dal termine del periodo di inserimento, continuerà ad applicarsi la disciplina del contratto di rioccupazione;
  • non recedere dal contratto. In tal caso, il rapporto prosegue come ordinario rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

 

 

 

 

MISURA E DURATA DELL’INCENTIVO

 

L’incentivo in esame, introdotto dal c.d. decreto “Sostegni bis”, si sostanzia:

 

  • nell’esonero dal versamento del 100% dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro,

 

  • per un periodo massimo di 6 mesi,

 

  • nel limite di 6.000 euro annui, riparametrati e applicati su base mensile.

 

NB       Sono esclusi dagli oneri soggetti a sgravio i premi e contributi dovuti all’INAIL.

 

Resta ferma l’aliquota di computo delle prestazioni pensionistiche.

 

 

 

 

 

 

 

 

CONDIZIONI PER L’ACCESSO ALL’ESONERO

 

Il diritto alla fruizione dell’incentivo in analisi è subordinato al rispetto dei principi generali indicati nell’articolo 31 del D.Lgs n. 150/2015.

 

Divieto di licenziamento

 

Comportano la revoca dell’esonero e il recupero di quanto già fruito dal datore di lavoro:

 

  • il licenziamento intimato durante il periodo di inserimento;

 

  • il licenziamento intimato al termine del periodo di inserimento;

 

  • il licenziamento collettivo o il licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo di un lavoratore impiegato nella medesima unità produttiva e inquadrato con lo stesso livello e categoria legale di inquadramento del lavoratore assunto con gli esoneri contributivi, effettuato nei 6 mesi successivi alla predetta assunzione.

 

Per il computo del periodo residuo utile alla fruizione dell’esonero, la revoca non ha effetti nei confronti degli altri datori di lavoro privati che assumono il lavoratore con contratto di rioccupazione.

 

In caso di dimissioni del lavoratore il beneficio viene riconosciuto per il periodo di effettiva durata del rapporto.

 

 

 

COMPATIBILITÀ CON GLI ALTRI INCENTIVI

 

Lo sgravio contributivo in parola, per espressa previsione legislativa, è cumulabile con gli esoneri di natura contributiva previsti dalla legislazione vigente relativamente al periodo di durata del rapporto successiva ai 6 mesi.

 

NB       Sul punto, in ogni caso, è opportuno attendere le indicazioni normative dell’INPS.

 

 

COMPATIBILITÀ CON LE NORME COMUNITARIE

 

Parimenti alle altre misure agevolative introdotte per fronteggiare la crisi economica derivante dall’emergenza sanitaria, anche l’incentivo in esame è soggetto all’approvazione della Commissione Europea.

 

Il comma 9 dell’art. 41 del DL n. 73/2021, infatti, specifica che la misura è concessa ai sensi della sezione 3.1 della Comunicazione della Commissione europea recante un “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19” (e successive modifiche), e nei limiti ed alle condizioni di cui alla medesima Comunicazione.

 

In base alla suddetta sezione 3.1, la Commissione considera aiuti di Stato compatibili con il mercato interno quelli che rispettino, tra le altre, le seguenti condizioni:

 

  • siano di importo non superiore a 1.800.000 euro per impresa, sotto forma di sovvenzioni dirette, anticipi rimborsabili, agevolazioni fiscali o di pagamenti;
  • siano concessi a imprese che non fossero già in difficoltà al 31 dicembre 2019;

 

  • in deroga al punto precedente, siano concessi a microimprese o piccole imprese che risultavano già in difficoltà al 31 dicembre 2019, purché non siano soggette a procedure concorsuali per insolvenza ai sensi del diritto nazionale e non abbiano ricevuto aiuti per il salvataggio o aiuti per la ristrutturazione;

 

  • siano concessi entro e non oltre il 31 dicembre 2021.

 

Si segnala che il termine del 31 dicembre 2020 presente nel testo originario del Temporary Framework

 

  • stato oggetto di proroga al 30 giugno 2021 dalla Comunicazione C (2020) 7127 final del 13 ottobre 2020 e ulteriormente differito al 31 dicembre 2021 dalla Comunicazione C (2021) 564 final del 28 gennaio 2021, con la quale è stato anche aumentato il massimale concedibile (da 800.000 euro a

 

1.800.000 euro per impresa).

 

 

 

 

 

PROROGA/RINNOVO DI CONTRATTI A TERMINE IN CASO DI LAVORATORI DESTINATARI DI AMMORTIZZATORI SOCIALI PER COVID-19

 

 

 

 

AMMORTIZZATORI COVID-19 E NORMA DEROGATORIA PER RAPPORTI A TERMINE

 

In ragione dell’emergenza sanitaria da Coronavirus e dello stato di crisi economica che ha costretto molte aziende a ricorrere agli strumenti di integrazione salariale previsti, in origine dal c.d. Decreto “Cura Italia”, il Legislatore ha dovuto porre rimedio all’impossibilità per i datori di lavoro di prorogare o rinnovare i contratti a tempo determinato dei propri lavoratori, visto il divieto previsto dal Jobs Act.

 

Infatti, l’art. 20, comma 1, lett. c) del D.Lgs n. 81/2015 (nonché, analogamente, l’art. 32, comma 1, lett. c) del D.Lgs n. 81/2015 relativamente al contratto di somministrazione) non consente la stipula di contratti a termine in

 

“(…) unità produttive nelle quali sono operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a tempo determinato”.

 

Ai fini della tutela e della continuità occupazionale, si è ovviato a tale divieto mediante l’introduzione di una norma di interpretazione autentica che permette, nell’ipotesi di utilizzo degli ammortizzatori sociali per COVID-19 la deroga al:

 

  • divieto di rinnovo / proroga dei contratti a tempo determinato (anche a scopo di somministrazione);

 

  • rispetto degli intervalli temporali stabiliti in caso di riassunzione del lavoratore (art. 21, comma 2 del D.Lgs n. 81/2015).

 

Nello specifico, si ricorda che l’articolo 19 bis del DL n. 18/2020 (come convertito dalla Legge n.

 

27/2020) dispone che:

 

“Considerata l’emergenza epidemiologica da COVID-19, ai datori di lavoro che accedono agli ammortizzatori sociali di cui agli articoli da 19 a 22 del presente decreto, nei termini ivi indicati, è consentita la possibilità, in deroga alle previsioni di cui agli articoli 20, comma 1, lettera c), 21, comma 2, e 32, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, di procedere, nel medesimo periodo,al rinnovo o alla proroga dei contratti a tempo determinato, anche a scopo di somministrazione.”

 

Ai sensi del dettato normativo, la proroga o il rinnovo dei rapporti a termine, da parte delle aziende, risultano possibili nell’ipotesi di ricorso agli ammortizzatori sociali, quali:

 

  • trattamento ordinario di integrazione salariale e assegno ordinario del FIS (art. 19);

 

  • trattamento ordinario di integrazione salariale per le aziende che si trovano già in cassa integrazione straordinaria (art. 20);

 

  • trattamento di assegno ordinario per i datori di lavoro che hanno trattamenti di assegni di solidarietà in corso (art. 21);

 

  • cassa integrazione in deroga (art. 22).

 

Quindi, per effetto della deroga stabilita dal DL n. 18/2021, la violazione del divieto di stipula di contratti a tempo determinato non comporta alcuna trasformazione in rapporti di lavoro a tempo indeterminato.

 

 

 

 

 

 

Ora, a distanza di alcuni mesi dall’introduzione della suddetta disposizione, l’INL con Nota NOVITÀ    n. 762 del 12 maggio 2021, in risposta a varie istanze di chiarimenti, ha fornito alcune indicazioni in merito alla sua applicabilità nei confronti di lavoratori in forza presso aziende che fruiscono degli strumenti di integrazione salariale definiti dalla normativa emergenziale.

 

 

 

Ambito applicativo: lavoratori in forza al 23 marzo 2021

 

L’Ispettorato sottolinea che l’articolo di cui al Decreto “Cura Italia” (art. 19 bis del DL n. 18/2020) va considerato attualmente in vigore quale norma interpretativa delle disposizioni che regolamentano l’erogazione degli ammortizzatori sociali in questa fase di emergenza epidemiologica (articoli da 19 a 22 del DL n. 18/2020), successivamente richiamate dalle norme che hanno stabilito la proroga della loro fruizione. Nello specifico si tratta dei seguenti provvedimenti:

 

  • “Decreto Rilancio” (artt. 68-70 del DL n. 34/2020, convertito dalla Legge n. 77/2020);

 

  • “Decreto Agosto” (artt 1 e 2 del DL n. 104/2020, convertito dalla Legge n. 126/2020);

 

  • “Decreto “Ristori” (art. 12 del DL n. 137/2020, convertito dalla Legge n. 176/2020);

 

  • “Legge di Bilancio” 2021 (art. 1, comma 300 della Legge n. 178/2020);

 

  • “Decreto Sostegni” (art. 8 del DL n. 41/2021, in fase di conversione in legge).

 

Visto il riferimento alla normativa originaria (artt. 19 e ss. del DL n. 18/2020) da parte delle norme successive, l’inciso “nei termini ivi indicati” presente nell’articolo 19 bis dello stesso Decreto “Cura Italia”, è da intendersi in senso “dinamico”, comprensivo della platea di lavoratori destinataria degli strumenti di integrazione salariale emergenziali, come individuata in base all’applicabilità dei vari decreti succedutisi nel tempo (da ultimo il Decreto Sostegni).

 

 

NB

Di conseguenza, la Nota n. 762/2021 conferma la piena ammissibilità della proroga/rinnovo dei contratti a termine anche a favore dei lavoratori che accedono agli ammortizzatori sociali disciplinati dall’art. 8 del DL n. 41/2021, laddove gli stessi beneficiari siano in forza alla data del 23 marzo 2021 (data di entrata in vigore del suddetto decreto).

 

SMART WORKING: IMPONIBILE IL RIMBORSO DEL COSTO SOSTENUTO PER LA CONNESSIONE INTERNET

 

 

Recentemente l’Agenzia delle Entrate, con le Risposte a Interpello n. 314 del 30 aprile 2021, e n. 328 dell’11 maggio 2021, si è pronunciata in merito al regime fiscale applicabile al rimborso spese riconosciuto ai dipendenti in smart working.

 

  Con la Risposta a Interpello n. 371 del 24 maggio 2021, l’Agenzia torna nuovamente sulla
NOVITÀ questione, fornendo questa volta chiarimenti in merito:
  • al trattamento fiscale applicabile alle somme erogate ai dipendenti in smart working a titolo di rimborso del costo della connessione internet,

 

  • nonché al relativo regime di deducibilità ai fini del reddito d’impresa.

 

IL CASO

 

Il caso analizzato nella Risposta n. 371 riguarda una società tra professionisti che intende avviare un programma sperimentale di smart working, rimborsando a ogni dipendente il costo della connessione internet con dispositivo mobile (c.d. “chiavetta internet”) o dell’abbonamento al servizio dati domestico.

 

IL QUESITO E LA SOLUZIONE PROSPETTATA DALL’ISTANTE

 

La società istante chiede chiarimenti in merito al regime fiscale applicabile a tale rimborso spese, nonché al relativo regime di deducibilità ai fini del reddito d’impresa.

 

A riguardo, la società sostiene che tale rimborso:

 

  • essendo strumentale allo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità agile, non costituisca retribuzione imponibile per il lavoratore dipendente ai sensi dell’articolo 51 del TUIR;

 

  • sia un componente di costo afferente alle spese per prestazioni di lavoro dipendente, integralmente deducibile dal reddito d’impresa ai sensi dell’articolo 95 del TUIR.

 

LA RISPOSTA DELL’AGENZIA

 

Come nelle sopra menzionate Risposte a Interpello n. 314/2021 e n. 328/2021, l’Agenzia delle Entrate richiama:

 

  • sia il c.d. principio di onnicomprensività del concetto di reddito di lavoro dipendente fiscalmente rilevante (articolo 51, comma 1 del TUIR),

 

  • sia il principio di mera reintegrazione patrimoniale del dipendente in caso di rimborso di spese sostenute nell’esclusivo interesse del datore di lavoro (Circolare n. 326/E/1997 e Risoluzione n. 357/E/2007).

 

Viene poi ribadito che le spese sostenute dal dipendente e rimborsate in modo forfetario sono escluse dalla base imponibile, solo qualora il legislatore abbia previsto un criterio volto a determinarne la quota che può essere esclusa dall’imposizione, in quanto riferibile all’uso nell’interesse del datore di lavoro. È il caso delle ipotesi individuate dal comma 4 dell’articolo 51 del TUIR (es. rimborso interessi mutuo; canone locazione fabbricati, ecc.).

 

A riguardo, con Risoluzione n. 74/E/2017, l’Agenzia ha affermato che qualora, invece, manchi un intervento del legislatore in tal senso, affinché il rimborso dei costi sostenuti dal dipendente nell’esclusivo interesse del datore di lavoro non concorra alla determinazione del reddito di lavoro dipendente, gli stessi devono essere individuati sulla base di elementi oggettivi, documentalmente accertabili.

 

 

 

Ciò premesso, con specifico riferimento al caso di specie, l’Agenzia osserva quanto segue:

 

  • il rimborso da parte del datore di lavoro non concerne il solo costo riferibile all’esclusivo interesse del datore di lavoro, in quanto la società è intenzionata a rimborsare tutte le spese sostenute dal dipendente per attivare la connessione dati internet e per i conseguenti canoni di abbonamento;

 

 

 

  • è dubbia la relazione tra l’uso della suddetta connessione e l’interesse del datore di lavoro, poiché non sarebbe quest’ultimo a scegliere e stipulare il contratto relativo al traffico dati con il gestore;
  • non è precisato l’importo che verrebbe rimborsato al dipendente, il quale quindi potrebbe accedere a tutte le funzionalità offerte dalla tecnologia presente sul mercato, altresì esulanti l’attività lavorativa.

 

NB Alla luce delle suddette osservazioni, l’Agenzia ritiene che il costo relativo alla connessione
internet che la società istante intende rimborsare ai dipendenti in smart working, non essendo
  supportato da elementi e parametri oggettivi e documentati, non può essere escluso
  dalla determinazione del reddito di lavoro dipendente e, pertanto, risulta imponibile ai
  fini IRPEF.

 

Deducibilità ai fini IRES

 

Per quanto concerne, invece, la deducibilità ai fini dell’imposta sul reddito delle società (IRES), l’Agenzia chiarisce che il rimborso spese rappresentato dall’istante è sostenuto al fine di soddisfare un’esigenza del dipendente, connessa allo svolgimento dell’attività lavorativa in modalità agile, che concorre a garantire la rispondenza della retribuzione alle esigenze del lavoratore.

 

NB Pertanto, essendo che l’attivazione della connessione internet costituisce un obbligo
implicito ai fini dell’adempimento della prestazione lavorativa pattuita, il relativo rimborso
  spese è integralmente deducibile ai sensi dell’articolo 95, comma 1 del TUIR, in quanto
  assimilabile alle “spese per prestazioni di lavoro”.

 

„

 

 

 

 

RADDOPPIO DELLA SOGLIA DI ESENZIONE DEI FRINGE BENEFITS ANCHE PER IL 2021

 

 

Nel Supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 120 del 21 maggio 2021 è stata pubblicata la Legge n. 69 del 21 maggio 2021 di conversione, con modificazioni, del Decreto Sostegni (Decreto Legge 22 marzo 2021, n. 41).

In fase di conversione in legge del Decreto Sostegni (DL n. 41/2021) è stato inserito il nuovo art. 6-quinquies che dispone, anche per il periodo d’imposta 2021, l’aumento da euro 258,23 ad euro 516,46 (dunque il raddoppio) del valore dei beni ceduti e dei servizi prestati dall’azienda ai lavoratori dipendenti che non concorre alla formazione del reddito imponibile.

Si tratta del limite di esenzione che trova applicazione relativamente ai c.d. fringe benefits riconosciuti ai lavoratori con finalità di incentivazione e fidelizzazione.

A titolo di esempio, tra i fringe benefits che rientrano in tale previsione e, dunque, sono soggetti al limite di esenzione di euro 516,46 con riferimento all’anno 2021, si segnalano:

  • i buoni acquisto e i buoni carburante,
  • i generi in natura prodotti dall’azienda,
  • l’auto concessa ad uso promiscuo,
  • l’alloggio concesso in locazione, in uso o in comodato,
  • i prestiti aziendali,
  • l’uso di specifici beni di proprietà dell’azienda quali telefono aziendale, pc, tablet, stampanti o altri dispositivi elettronici aziendali,
  • polizze assicurative extra professionali, ecc.

Qualora il valore del fringe benefit superi il limite di esenzione, lo stesso concorre interamente a formare il reddito imponibile.

Per i lavoratori in forza, si rende necessario l’adeguamento tempestivo del limite di esenzione con conseguente restituzione della maggior imposta trattenuta laddove ciò risulti necessario in conseguenza del valore complessivo del fringe benefit riconosciuto.

Per i lavoratori cessati prima del 22 maggio 2021 (data di entrata in vigore della conversione in legge del DL n. 41/2021), nei confronti dei quali, con riferimento ad eventuali fringe benefits, è stato applicato il limite di esenzione di euro 258,23, si ritiene opportuno specificare tale circostanza sotto forma di annotazione libera nella Certificazione Unica che verrà loro rilasciata.

Questo per consentire, nel caso in cui il valore complessivo del fringe benefit non superi la nuova soglia di euro 516,46, che la maggior imposta trattenuta e versata possa essere restituita al lavoratore dal nuovo datore di lavoro/sostituto d’imposta che effettua il conguaglio unico ovvero in sede di dichiarazione dei redditi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

WELFARE AZIENDALE E DAD: ESENTE IL RIMBORSO SPESE PER L’ACQUISTO DI PC, TABLET E LAPTOP

 

 

IL CASO

 

Il caso analizzato riguarda una società che intende riconoscere, nell’ambito di un piano di welfare aziendale, alla generalità o a categorie di propri dipendenti, un credito welfare da utilizzare per il rimborso delle spese sostenute per l’acquisto di pc, tablet o laptop, al fine di consentire la frequenza della didattica a distanza ai loro familiari, come indicati dall’articolo 12 del TUIR.

 

A tal fine, i dipendenti devono presentare richiesta di rimborso corredata da una documentazione idonea ad attestare lo svolgimento delle lezioni attraverso la DAD, rilasciata dall’Istituto scolastico o dall’Università.

 

In alternativa, il credito welfare può essere utilizzato per il rilascio di un documento di legittimazione per acquistare pc, laptop o tablet presso i rivenditori convenzionati presenti nella piattaforma welfare.

 

IL QUESITO

 

La società chiede chiarimenti all’Agenzia delle Entrate in merito al regime fiscale applicabile al credito welfare in esame e, precisamente, se sul valore del credito welfare vada effettuata la ritenuta a titolo di acconto IRPEF.

 

LA RISPOSTA DELL’AGENZIA

 

Secondo quanto disposto dall’articolo 51, comma 2, del TUIR, non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente:

 

  • l’utilizzazione delle opere e dei servizi, riconosciuti dal datore di lavoro e offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai loro familiari, per finalità di educazione, istruzione, ricreazione, assistenza sociale e sanitaria o culto (lettera f);
  • le somme, i servizi, le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari (indicati nell’articolo 12 del TUIR), dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare (compresi i servizi integrativi e di mensa connessi), per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari (lettera f-bis).

 

NB Per quanto concerne le modalità di erogazione delle prestazioni, l’Agenzia delle Entrate
sottolinea che la lettera f-bis), come modificata dalla Legge di Stabilità 2016 (Legge n.
  208/2015) conferma la possibilità che il datore di lavoro eroghi i servizi di educazione
  ed istruzione:

 

 

O

 

O

direttamente o tramite terzi,

 

attraverso la corresponsione ai dipendenti di somme di denaro da destinare alle finalità indicate, anche a titolo di rimborso di spese già sostenute.

 

Il dipendente è tenuto ad acquisire e conservare la documentazione comprovante l’utilizzo delle somme coerentemente con le finalità per le quali le stesse sono state corrisposte.

 

A seguito dell’emergenza epidemiologica da Covid-19 sono stati emanati diversi provvedimenti legislativi che hanno previsto l’adozione, da parte di Istituti scolastici e universitari, della DAD, quale strumento di organizzazione flessibile dell’attività didattica.

 

 

 

 

 

 

Il Ministero dell’Istruzione con Nota n. 388 del 17 marzo 2020, ha precisato che le attività di DAD prevedono “la costruzione ragionata e guidata del sapere attraverso un’interazione tra docenti e alunni”. In particolare, rientrano nella DAD:

 

  • il collegamento diretto/indiretto, immediato/differito (videoconferenze, videolezioni, chat di gruppo);

 

  • la trasmissione ragionata di materiali didattici su piattaforme digitali;

 

  • l’impiego dei registri di classe in tutte le loro funzioni di comunicazione e supporto alla didattica;

 

  • l’interazione su sistemi e app interattive educative propriamente digitali.

 

NB In tal senso, il pc, il laptop e il tablet diventano strumenti necessari per garantire:
O la frequenza alla c.d. classe virtuale e
  O la relazione tra docenti e studenti.

L’Agenzia delle Entrate ritiene, quindi, che il rimborso delle spese sostenute dal dipendente per l’acquisto degli strumenti in questione, non genera reddito di lavoro dipendente e non è imponibile, secondo quanto previsto dall’articolo 51, comma 2, lettera f-bis) del TUIR. Al fine di beneficiare del regime di esenzione, il dipendente deve produrre idonea documentazione attestante lo svolgimento delle lezioni attraverso la DAD, rilasciata dall’istituto scolastico o dall’università.

 

Ad analoghe conclusioni si perviene anche nell’ipotesi in cui la piattaforma welfare consenta l’acquisto dei dispositivi informatici tramite documenti di legittimazione (cd. voucher).

„

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NASPI SOLO CON L’ACCORDO COLLETTIVO AZIENDALE

 

 

 

L’articolo 14 del DL n. 104/2020 (cd. Decreto Agosto, convertito in Legge n. 126/2020) aveva prorogato nuovamente il divieto di licenziamento sia collettivo che per giustificato motivo oggettivo a prescindere dal numero di lavoratori impiegati, introdotto per la prima volta con il Decreto Cura Italia e poi confermato dal Decreto Rilancio e, da ultimo, dal Decreto Ristori.

 

Come noto, il più volte prorogato divieto di licenziamento trae origine dalla volontà di arginare le conseguenze economico-sociali della pandemia da Covid-19, tutt’ora in corso.

 

L’articolo 14, comma 3, del Decreto Agosto dispone che le preclusioni e le sospensioni in materia di licenziamenti collettivi e di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, di cui sopra, non trovano applicazione nelle ipotesi di accordo collettivo aziendale – stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale – avente ad oggetto un incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro, limitatamente ai lavoratori che aderiscono al predetto accordo, operando quindi di fatto una risoluzione consensuale; i predetti lavoratori, ove ricorrano gli altri presupposti di legge, possono conseguentemente accedere alla prestazione di disoccupazione NASpI.

 

L’INPS precisa che la facoltà di derogare al divieto di licenziamento attraverso l’adesione ad NOVITÀ un accordo collettivo aziendale riguarda tutte le aziende e non solo quelle che abbiano già

 

integralmente esaurito gli ammortizzatori sociali a disposizione.

 

Il lavoratore che cessi il rapporto di lavoro a seguito di accordo collettivo aziendale stipulato dalle organizzazioni sindacali, avente ad oggetto un incentivo alla risoluzione del rapporto di lavoro medesimo, ai fini dell’accoglimento della domanda di indennità NASpI, dovrà allegare l’accordo collettivo aziendale stesso, nonché – qualora l’adesione del lavoratore non si evinca dall’accordo medesimo, ma sia contenuta in altro documento diverso dallo stesso – la documentazione attestante l’adesione al predetto accordo.

 

NB L’accesso alla prestazione NASpI per i lavoratori che aderiscono agli accordi in argomento è
ammessa fino al termine della vigenza delle disposizioni che impongono il divieto dei
  licenziamenti collettivi e individuali per giustificato motivo oggettivo.

Pertanto, il messaggio dell’INPS in oggetto, benché si riferisca al Decreto Agosto, può tuttavia considerarsi valido anche con riferimento al Decreto Ristori (DL n. 137/2020), che riscrive la norma sul divieto di licenziamento lasciandola sostanzialmente invariata, se non per la parte della condizione di integrale fruizione della cassa integrazione o dell’esonero.

 

LE RISOLUZIONI CHE DANNO DIRITTO ALLA NASPI

 

Con l’occasione, l’Istituto di previdenza ricorda le ipotesi in cui è ammessa la fruizione della Naspi, ovvero tutte le fattispecie in cui la cessazione del rapporto di lavoro sia intervenuta involontariamente, anche se diverse dal licenziamento:

 

  • licenziamento, con qualsiasi causale sia stato intimato;

 

  • dimissioni per giusta causa;

 

  • cessazione del contratto a tempo determinato per raggiungimento del termine apposto;

 

  • risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di conciliazione di cui all’art. 7 della Legge n. 604/1966;

 

  • licenziamento con accettazione dell’offerta conciliativa ai sensi dell’art. 6 del D.Lgs. n. 23/2015;

 

  • dimissioni in seguito a trasferimento non sorretto dalle motivazioni tecniche, organizzative e produttive;

 

  • risoluzione consensuale in seguito al rifiuto da parte del lavoratore al proprio trasferimento ad altra sede della stessa azienda distante oltre 50 chilometri dalla residenza del lavoratore ovvero mediamente raggiungibile in 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici.

 

 

 

 

 

 

   
     
NB Infine, l’INPS aggiunge un’altra ipotesi di risoluzione consensuale che dà diritto alla
NASpI, ovvero, l’adesione all’accordo collettivo aziendale stipulato con le organizzazioni
  comparativamente più rappresentative a livello nazionale avente ad oggetto un incentivo alla
  risoluzione del rapporto di lavoro.  

 

LA RISOLUZIONE CONSENSUALE COME DEROGA AL DIVIETO DI LICENZIAMENTO

 

Il messaggio dell’INPS fa riferimento all’art. 14 del DL n. 104/2020, convertito in Legge n. 126/2020; tuttavia si ritiene corretto riferire la portata della precisazione dell’Istituto di previdenza anche all’art. 12 comma 9 del DL n. 137/2020, che estende il divieto di licenziamento collettivo e per giustificato motivo oggettivo fino al 31 gennaio 2021.

 

Verosimilmente la validità del Messaggio può essere confermata anche per la nuova previsione del divieto di licenziamento presente nella Legge di bilancio per l’anno 2021, che proroga i limiti alla libera recidibilità fino al 31 marzo 2021.

 

Tale ultima norma, infatti, ha il medesimo tenore di quella precedente e, al pari del Decreto Agosto, prevede come deroga al divieto in parola la sottoscrizione di accordi collettivi aziendali con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale e limitatamente ai lavoratori che, dietro il riconoscimento di un’incentivo, vi aderiscano.

 

L’unica differenza tra le due disposizioni riguarda la condizione dell’integrale fruizione degli ammortizzatori sociali come limite ultimo alla durata del divieto, richiesta dall’art. 14 del DL 104/2020 ed eliminata, invece, nell’art. 12 comma 9 del DL n. 137/2020 nonché nella bozza della Legge di bilancio per l’anno 2021.

 

NB In ogni caso, l’INPS precisa che la possibilità di derogare al divieto tramite la sottoscrizione
dell’accordo collettivo è estesa a tutte le aziende che possano o meno accedere ancora ai
  trattamenti di integrazione salariale riconducibili all’emergenza epidemiologica da COVID-19.

„

 

 

 

Cordiali Saluti,

Studio Salardi

di Lorenza Salardi – Consulente del Lavoro

 

Written by:
Studio Lorenza Salardi
Published on:
10 Giugno 2021

Archiviato in: Informative dello Studio

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