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STUDIO SALARDI DI LORENZA SALARDI

Studio di Consulenza del Lavoro

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INFORMATIVA GIUSLAVORISTICA: PATTO DI NON CONCORRENZA.

 

Disciplina normativa

 

Il patto di non concorrenza è un accordo mediante il quale il datore di lavoro, per proteggersi da un’eventuale attività di concorrenza da parte dell’ex dipendente, può limitare l’attività professionale successiva alla cessazione del rapporto di lavoro di quest’ultimo, a fronte della corresponsione di un congruo corrispettivo.

Tale patto assume un’importanza fondamentale nell’attuale mondo del lavoro, caratterizzato sia da un ampio turn over dei dipendenti, sia da una forte concorrenza tra le aziende.

La definizione legislativa di patto di non concorrenza è contenuta nell’art. 2125 c.c., che va a normare solo alcuni aspetti essenziali del contratto, lasciando aperta un’ampia discrezionalità d’azione alle parti. Infatti, l’art. 2125 c.c. così definisce il patto di non concorrenza: «il patto con il quale si limita lo svolgimento dell’attività del prestatore di lavoro, per il tempo successivo alla cessazione del contratto, è nullo se non risulta da atto scritto, se non è pattuito un corri-spettivo a favore del prestatore di lavoro e se il vincolo non è contenuto entro determinati limiti di oggetto, di tempo e di luogo.

La durata del vincolo non può essere superiore a cinque anni, se si tratta di dirigenti, e a tre anni negli altri casi. Se è pattuita una durata maggiore, essa si riduce nella misura suindicata».

Requisiti del patto

L’art. 2125 c.c. prevede per il patto di non concorrenza, pena la sua nullità, i seguenti elementi costitutivi:

  • forma scritta;
  • definizione dell’oggetto;
  • durata predefinita;
  • individuazione di un ambito territoriale di operatività;
  • determinazione di un corrispettivo.

Forma scritta

Come indicato nell’art. 2125 c.c., il patto deve risultare per atto scritto, a pena di nullità. L’obbligo della forma ricade anche sulle clausole fondamentali individuate direttamente dal legislatore quali la misura del corrispettivo a favore del lavoratore, i limiti di oggetto, di tempo e di luogo.

Patto separato

Non risulta necessario che il patto sia contenuto già nel contratto di lavoro.

Poiché il patto di non concorrenza è qualificato come un contratto a prestazioni corrispettive, dotato di una causa autonoma rispetto a quella del contratto di lavoro, esso può essere oggetto di una pattuizione separata dal contratto di lavoro. Vista anzi l’ampiezza di contenuto del patto risulta molto spesso proficuo redigerlo come accordo a sè stante rispetto alla lettera di assunzione.

Dal momento che il patto di non concorrenza non può essere ascritto alla categoria delle clausole cosiddette vessatorie, la sua eventuale mancata approvazione specifica, come previsto dall’art. 1341 c.c., non comporta la nullità ove questo sia inserito nella lettera di assunzione.

Reciprocita` dell’interesse

Pur configurando il patto di non concorrenza una fattispecie negoziale autonoma e dotata di una propria causa distinta, l’interesse sotteso a tale patto non può limitarsi a quello del datore di lavoro, ma va esteso anche al lavoratore il quale, di fronte all’impegno assunto, si trova condizionato e limitato di fronte ad eventuali possibilità di lavoro che si possono a lui prospettare inducendo anche a non fare passi in tale direzione.

Momento di stipula

La legge non impone un momento preciso per la stipula del patto, pertanto esso può essere concluso:

  • all’atto dell’assunzione;
  • nel corso del rapporto;
  • al momento della cessazione;
  • a rapporto terminato (Cass. civ., S.U., sent. 10 aprile 1965, n. 630).

Il vincolo, ovviamente, si perfeziona con la pattuizione, mentre l’effetto finale si spiegherà solo dopo la cessazione del rapporto di lavoro.

Mansioni

Il patto di non concorrenza normalmente viene sottoscritto per le figure apicali dell’azienda, in particolare per i dirigenti. Tuttavia, va da sè che lo stesso può essere sottoscritto anche per figure diverse o per tutte le figure aziendali, potendo riguardare anche impiegati generici, operai e commessi (Cass. civ., sent. 19 aprile 2002, n. 5691).

Oggetto

La giurisprudenza è conforme nel sostenere che il patto può essere sottoscritto per qualsiasi attività che possa competere con quelle del datore di lavoro (Cass. civ., sent. 10 settembre 2003, n. 13282).

Inoltre, se le mansioni sono di tipo esecutivo occorreranno i requisiti dell’esperienza e della capacità di attrarre clientela per poter correttamente stipulare un patto di non concorrenza (Cass. civ., sent. 19 aprile 2002, n. 5691).

Attivita` subordinata o autonoma

Definire l’oggetto del patto significa indicare con sufficiente accuratezza quali attività non potranno essere svolte dall’ex dipendente una volta cessato il rapporto di lavoro. La limita-zione potrebbe riguardare non solo le mansioni svolte dal dipendente presso l’originario datore di lavoro, ma anche la diversa attività lavorativa che il dipendente potrebbe comunque esercitare in concorrenza con l’ex datore di lavoro.

Nullità

Il patto diventa nullo quando l’ampiezza della limitazione è tale da comprimere la concreta professionalità del lavoratore in limiti che ne compromettano ogni potenzialità reddituale (Cass. civ., sent. 10 settembre 2003, n. 13282).

Vincolo territoriale

A norma dell’art. 2125 c.c., il patto è nullo se la limitazione territoriale non sia stata espressa-mente indicata.

Ai fini della valutazione della validità del patto di non concorrenza, l’elemento dell’oggetto è valutato anche in relazione all’ampiezza territoriale del divieto. Un patto avente un oggetto piuttosto ampio potrebbe essere ritenuto legittimo purché contenuto entro uno spazio geografico ristretto. La valutazione di congruità del patto di non concorrenza è frutto di un contemperamento fra le esigenze dell’azienda e il diritto del dipendente di potere comunque esercitare un’attività lavorativa che gli consenta di produrre reddito.

Al riguardo, la giurisprudenza ha ritenuto nullo il patto quando le indicazioni fossero troppo generiche e troppo estese (Trib. Ravenna 24 marzo 2005).

Ampiezza

E’ lecito, tuttavia, quando l’azienda ne dimostri l’effettiva necessità, un patto per l’intero territorio nazionale o europeo.

Il patto non è violato nel caso in cui esso preveda il divieto di prestare attività per aziende concorrenti aventi stabilimenti o filiali in una determinata zona e il lavoratore renda la propria prestazione in una regione diversa anche se i prodotti della nuova datrice sia commercializzati (nella zona interdetta) da parte di grossisti e rivenditori terzi (Trib. Vicenza 28 aprile 2009).

 

Trasferimento

E’ legittima anche l’inclusione nel patto dell’obbligo di trasferire la residenza o di svolgere altrove la propria attività, quando sia strumentale all’obbligo negativo di non svolgere attività concorrenziale in una determinata zona (Cass. civ., sent. 22 luglio 1978, n. 3687).

Durata

Come indicato nel testo legislativo di riferimento, il divieto di concorrenza deve essere circoscritto entro determinati limiti temporali.

La durata del vincolo non può essere superiore a:

  • 5 anni, se si tratta di dirigenti;
  • 3 anni negli altri casi.

Riduzione

L’art. 2125 c.c. al secondo comma specifica che se è pattuita una durata maggiore, essa si riduce nella misura suindicata.

Corrispettivo: congruita` e determinazione

Il corrispettivo è uno degli elementi essenziali dell’istituto, la norma di legge però non specifica la misura, né direttamente, ossia come corrispettivo fisso, né indirettamente, ossia come misura percentuale della retribuzione.

Congruità

Il patto di non concorrenza è nullo se il compenso pattuito non è adeguato al sacrificio richiesto ed è determinato sulla base dell’anzianità di lavoro.

Ai fini di un giudizio concreto sulla congruità, si devono tenere presenti la misura della retribuzione, l’estensione territoriale ed oggettiva del divieto e la professionalità del dipendente.

La giurisprudenza si è espressa più volte a dichiarare nulli quei patti che prevedevano compensi simbolici ovvero sproporzionati al ribasso rispetto al sacrificio richiesto al lavoratore (Cass. civ., sent. 14 maggio 1998, n. 4891).

Interessante al riguardo il giudizio del Tribunale di Milano che ha dichiarato come nulla sia la pattuizione di compensi simbolici, sia la pattuizione di compensi manifestamente iniqui o sproporzionati in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore e alla riduzione delle sue possibilità di guadagno, indipendentemente dall’utilità che il comportamento richiestogli rappresenta per il datore di lavoro e dal suo ipotetico valore di mercato. Viene quindi messo in evidenza come il compenso deve necessariamente essere visto in connessione diretta e immediata con gli altri elementi che trovano definizione nel patto.

Quanto alle modalità di corresponsione del corrispettivo, il datore di lavoro ha generalmente la scelta tra le seguenti opzioni:

  • corresponsione del compenso in costanza del rapporto di lavoro;
  • liquidazione dell’importo successivamente alla cessazione del rapporto di lavoro. Questo aspetto non è stato normato dal legislatore e la giurisprudenza ha ritenuto valide le seguenti modalità di erogazione:
  • con cadenza mensile dal primo mese di lavoro o dal mese di sottoscrizione del patto per i contratti stipulati in corso di rapporto;
  • interamente alla cessazione del rapporto di lavoro, unitamente alle competenze di fine rapporto;
  • rateali, a partire dalla cessazione del rapporto e per tutta la durata del vincolo, con cadenza mensile, trimestrale, annuale;
  • una tantum dell’intera somma allo scadere del vincolo;
  • in forma mista.
  • possibile che le parti concordino che il corrispettivo sia erogato non solo in denaro, ma si concretizzi, per esempio, nella remissione di un debito o nel godimento di un immobile o di un altro bene per un periodo di tempo predeterminato.

Queste diverse modalità di corresponsione hanno riflessi importanti dal punto di vista contributivo e fiscale, come analizzato più avanti.

 

 

 

 

 

 

Esempio 1

Aspetti fiscali e previdenziali

Come accennato, il trattamento contributivo e fiscale del corrispettivo del patto di non concorrenza è legato alle modalità e al tempo di pagamento.

Qualora il corrispettivo del patto di non concorrenza venga erogato con cadenza mensile, ma anche plurimensile (bimestrale, trimestrale, eccetera) in costanza di rapporto di lavoro, senza dubbio l’importo deve essere ricompreso nella base imponibile previdenziale e fiscale. Si ritiene inoltre che in tale circostanza sia computabile nel trattamento di fine rapporto.

Qualora, invece, il corrispettivo venga erogato in toto al termine del rapporto, l’importo deve essere assoggettato solo ad imposizione fiscale (tassazione separata art. 17, D.P.R n. 917/ 1986 e confermato da Min. fin., circ. 5 febbraio 1986, n. 2), pertanto non deve essere assoggettato ad alcuna trattenuta contributiva (Inps, circ. n. 263/1997).

Recesso

«È nulla la clausola che prevede che il datore di lavoro possa recedere dal patto di non concorrenza; una tale clausola, infatti, non permette al lavoratore di valutare l’esistenza dei vincoli dalla ricerca di un’altra opportunità lavorativa alla cessazione del rapporto di lavoro» (Cass. civ., sent. n. 15952/2004).

Diversa è l’ipotesi in cui, invece del diritto di recesso dal patto di non concorrenza, viene previsto, a favore del datore di lavoro, un diritto di opzione ex art. 1331 c.c., da esercitarsi entro un termine definito dopo la cessazione del rapporto di lavoro.

L’opzione determina la nascita di un diritto che conclude automaticamente il contratto, soltanto nel caso in cui il diritto viene esercitato. Si tratta, quindi, di un diritto potestativo, poiché ad esso corrisponde, dal lato passivo, una posizione di soggezione.

Per esempio, quando il patto di non concorrenza assolve ad una finalità di salvaguardia del know-how acquisito dal lavoratore, a fronte degli investimenti di carattere forma-tivo organizzati dalla società a favore del proprio personale stabile, è legittimo il diritto di opzione di avvalersi del patto di non concorrenza alla cessazione del rapporto di lavoro.

Conclusione

Alla luce di quanto sopra esposto, quindi, per sottoscrivere un patto di non concorrenza valido ed efficace per le parti sarà necessario analizzare dettagliatamente diversi aspetti, quali nello specifico:

  • posizione professionale;
  • retribuzione;
  • ampiezza del vincolo territoriale;
  • ampiezza del vincolo temporale;
  • attività ricomprese nel patto;
  • modalità di erogazione del patto.

Una volta presi in considerazione tutti questi elementi si potrà anche andare a determinare il quantum erogato al dipendente per il sacrificio richiesto.

Si propone di seguito un esempio di patto di non concorrenza sottoscritto con un dirigente.

Oggetto: Patto di non concorrenza dirigente

Con la presente scrittura privata da valere ad ogni effetto di legge, tra i sottoscritti:

La Società ______________, con sede in ______________ via ______________ n. ___, in

persona del ______________ (cod. fisc. ______________);

 

e

il   Signor   ______________  nato   a   ______________  il   ______________  residente   in

______________ (cod. fisc. ______________);

premesso

  • che tra esse parti è attualmente in corso regolare rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato;
  • che il predetto Signor ______________ risulta inquadrato con la qualifica di dirigente ______________; ciò premesso,

si conviene e stipula quanto segue

Come previsto dall’art. 2125 del vigente c.c., Lei, per tutta la durata del rapporto di lavoro, non può trattare affari, per conto proprio o di terzi, in concorrenza con l’azienda ed è tenuto a non divulgare notizie attinenti all’organizzazione aziendale o qualsiasi notizia che in qual modo possa recare danno. In particolare, espressamente si conviene che il dirigente

______________ non potrà esercitare detta attività concorrente né in proprio, né per interposta persona, né quale socio di Società esercenti la predetta attività, né quale lavoratore subordinato di tali imprese. L’oggetto del presente patto di concorrenza è costituito da qualsiasi attività di ______________ .

Il dirigente ______________ potrà quindi esercitare la propria attività in qualunque altro ramo, con la sola esclusione di quelli surrichiamati.

Il presente patto di non concorrenza avrà efficacia dalla data di cessazione del rapporto di lavoro subordinato, di cui è detto in premessa e cesserà decorsi ___ anni (max 5) da tale data. Il presente patto di non concorrenza è valido ed operante in tutto il territorio nazionale/(oppure nella regione / nella zona), fatti salvi accordi che potranno essere stipulati all’atto della risoluzione del rapporto di lavoro.

A titolo di corrispettivo per l’obbligo così assunto dal Signor ______________, la Società

______________, all’atto di cessazione del rapporto di lavoro, corrisponderà al Signor

______________, oltre alla indennità di fine rapporto all’epoca maturata, un importo pari al ___% (___ per cento) dell’ultima retribuzione mensile netta, dallo stesso lavoratore percepita, moltiplicato per il numero dei mesi di durata operativa del presente patto di non concorrenza. Nel caso in cui all’atto di cessazione del rapporto di lavoro di cui è detto in premessa, la Società insindacabilmente, decidesse di liberare il dirigente dagli obblighi dallo stesso assunti con il presente atto, allo stesso dirigente non verrà corrisposta nessuna somma o indennità alcuna per il titolo di cui al presente atto. Viene infatti attribuita dal dirigente alla Società la facoltà di recedere dal presente contratto fino all’atto di cessazione del contratto di lavoro di cui è detto in premessa.

In caso di inadempienza da parte del dirigente agli obblighi sottoscritti con il presente atto, lo stesso dirigente dovrà corrispondere, immediatamente, alla Società, a titolo di penale e salva la risarcibilità del danno ulteriore, un importo pari all’ultima retribuzione netta dallo stesso percepita, moltiplicata per ___ .

Letto, confermato e sottoscritto.

Luogo e data                                                                                                                                  La società

__________                                                                                                                                      __________

 

 

 

 

Esempio 2

Si ipotizzi il caso di un lavoratore quadro del Ccnl Terziario Confcommercio, cui il patto di non concorrenza venga erogato con cadenza mensile, in costanza di rapporto di lavoro.

Come abbiamo visto, tale importo deve essere ricompreso nella base imponibile previden-ziale e fiscale e deve essere computato negli elementi retributivi che vanno a determinare il trattamento di fine rapporto.

Il patto di non concorrenza non andrà a incidere, invece, sui ratei delle mensilità aggiuntive e sugli altri oneri differiti, fatta salva diversa pattuizione tra le parti.

Si ipotizza che il patto di non concorrenza sia erogato in misura pari al 15% della retribuzione lorda mensile e che non spettino le detrazioni da lavoro dipendente.

 

 

Esempio 3

Si riprende l’esempio precedente di un lavoratore quadro del Ccnl Terziario Confcommercio, cui il patto di non concorrenza, in questo caso, venga erogato in toto al termine del rapporto, che ipotizziamo essere al 31 gennaio 2023. L’importo andrà erogato in un momento suc-cessivo alla cessazione, contestualmente o separatamente rispetto alle altre spettanze di fine rapporto.

Come abbiamo visto, l’importo deve essere assoggettato solo ad imposizione fiscale, e nello specifico a tassazione separata, e non deve essere assoggettato ad alcuna trattenuta. Secondo la giurisprudenza, in tale caso l’importo non va a incidere sul trattamento di fine rapporto.

Si ipotizza che il patto di non concorrenza sia erogato in misura pari al 12 mensilità retributive, considerando anche l’incidenza dei ratei delle mensilità aggiuntive e una tassazione separata fiscale al 27%.

 

 

 

 

 

 

Cordiali Saluti,

Studio Salardi

di Lorenza Salardi – Consulente del Lavoro

Written by:
Studio Lorenza Salardi
Published on:
2 Ottobre 2023

Archiviato in: Informative dello Studio

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