Tra i permessi retribuiti figurano i permessi per lutto o grave infermità.
Come si può facilmente intuire dal nome, si tratta di giorni di permesso retribuiti che spettano al lavoratore dipendente (sia se dipendente privato che pubblico) in caso di morte o grave infermità di un familiare.
È importante sottolineare che non si tratta di un congedo obbligatorio bensì facoltativo e che ne spettano al massimo tre giorni l’anno.
Questi quindi fanno parte dei permessi retribuiti per motivi personali. Nel dettaglio è l’articolo 4 della legge dell’8 marzo 2000 a stabilire il diritto del dipendente ad assentarsi dal lavoro nel caso di decesso di un familiare o, in alternativa, di grave infermità documentata.
Tuttavia, non tutti gli eventi di questo tipo rientrano nel permesso per lutto o per grave infermità, ma solo quelli che riguardano i familiari entro il grado di parentela definito dalla legge.
Uno dei dubbi maggiori quando muore un familiare è se per questo si ha o meno diritto al permesso per lutto. Ad esempio, molti lavoratori si chiedono se possono farne domanda al datore di lavoro in caso di morte della suocera, oppure del nipote. A tal proposito di seguito trovate una tabella dove per ogni parente e familiare viene specificato se – in caso di decesso dello stesso – si ha diritto o meno al permesso retribuito. Prima però vediamo quanti giorni di permesso spettano e in che modo questo viene retribuito.
PERMESSO PER LUTTO O GRAVE INFERMITÀ
Per fare chiarezza su quando si può richiedere il permesso per lutto e su quanti giorni spettano abbiamo scelto di scrivere una guida con tutto quello che c’è da sapere sulle regole e sui casi particolari.
Quanti giorni spettano?
L’articolo 4 della Legge n°53 del 2000 prevede che il lavoratore dipendente, sia pubblico che privato, in caso di decesso di un familiare ha diritto ad un permesso retribuito pari a tre giorni l’anno.
Il permesso riguarda esclusivamente i giorni lavorativi, quindi nel calcolo non rientrano i festivi e i giorni di riposo.
Il permesso per lutto va utilizzato entro 7 giorni dal decesso del familiare. Questo tipo di permesso scatta al verificarsi del primo evento, ma non è cumulativo; infatti, se nel corso dell’anno al lavoratore viene a mancare un altro familiare ma ha già utilizzato i 3 giorni di permesso per lutto, non ne può richiedere altri.
Quando spetta?
La legge stabilisce che il permesso retribuito per lutto si applica nei casi di decesso di un parente, di un coniuge o di un convivente. Nel dettaglio, mentre per il coniuge non sono richieste particolari documentazioni, per la convivenza è necessario che questa risulti dalla certificazione anagrafica.
Per i parenti, invece, si intendono quelli entro il secondo grado di parentela, mentre non può essere richiesto per gli affini, neppure se di I° grado. Capire quali parenti e familiari rientrano nella categoria per la quale è possibile beneficiare del permesso per lutto, quindi, non è semplice ecco perché abbiamo deciso di ricapitolare il tutto nella tabella che trovate di seguito.
Familiare | Spetta il permesso per lutto? |
Genitore (madre o padre) | Sì |
Figlio/a | Sì |
Fratello/Sorella | Sì |
Nonno/a | Sì |
Nipote (figlio dei figli) | Sì |
Zio/a | No |
Cugini | No |
Nipote (Figlio del fratello/sorella) | No |
Bisnonno/a | No |
Suocero/a | No |
Genero/Nuora | No |
Queste sono le regole generali sui permessi per lutto, ma non sono valide per tutti i lavoratori. Ci sono dei contratti collettivi, infatti, che prevedono delle norme più vantaggiose per i lavoratori; ad esempio, ad alcuni dipendenti è possibile assentarsi anche in caso di morte di affini entro il I° grado – quindi per suocero, suocera, genero e nuora – mentre alcuni contratti estendono i giorni di permesso da 3 a 5.
Per i lavoratori di tipo “parasubordinato” (ad esempio per chi ha sottoscritto un contratto a progetto co.co.co) non sono previsti permessi retribuiti; è totale discrezione del datore di lavoro, quindi, decidere se concederlo o no.
COME VIENE RETRIBUITO?
È l’articolo 4 della legge 53/2000 a stabilire che per decesso o documentata grave infermità del coniuge (o del convivente) o di un parente entro il II° grado di parentela il lavoratore ha diritto a tre giorni di permesso retribuito.
In questi tre giorni di assenza quindi il dipendente continua a percepire la normale retribuzione. Il dubbio è: da chi viene pagato il permesso per lutto, dall’INPS o dall’azienda? La risposta è semplice; la retribuzione in busta paga è a carico del datore di lavoro, il quale ha il dovere di corrispondere al dipendente colpito dal lutto di un familiare la normale retribuzione percepita anche nei giorni di assenza.
COME RICHIEDERLO?
Il lavoratore che è costretto ad assentarsi a causa del decesso di un familiare ha l’obbligo di avvertire tempestivamente il datore di lavoro. Nella comunicazione vanno indicati i giorni di permesso che si voglionoutilizzare. Una volta rientrato al lavoro, il dipendente deve consegnare al datore di lavoro la documentazione relativa al decesso del parente, la quale deve essere corredata da un’autocertificazione o dalla certificazione rilasciata dal Comune.
COSA FARE QUANDO NON SPETTA?
Abbiamo appena visto che il permesso per lutto non si può richiedere né se il decesso riguarda un parente di grado superiore al II°, né se il lavoratore ne ha già usufruito durante l’anno.
In questo caso il lavoratore può comunque approfittare di un permesso non retribuito, qualora questi siano previsti dal proprio CCNL. La richiesta dei permessi non retribuiti va comunque motivata e deve essere compatibile con le esigenze di servizio. Il datore di lavoro quindi può opporsi alla richiesta presentata senza un valido motivo.
PERMESSO PER GRAVE INFERMITÀ DEL CONIUGE O DEL PARENTE:
Lo stesso articolo che prevede per il lavoratore il diritto di assentarsi in seguito al decesso di un familiare, estende i tre giorni di permesso l’anno anche nei casi di documentata grave infermità del coniuge, di un parente entro il II° grado o di un convivente riconosciuto.
Con infermità si intende una malattia grave o cronica, che costringe l’individuo all’immobilità o comunque lo rende totalmente (o anche parzialmente) inabile alle normali attività quotidiane.
In questo caso per utilizzare il permesso il lavoratore deve presentare, entro il 5° giorno dal rientro, una certificazione del medico specialista o da qualsiasi altra figura autorizzata dal Servizio Sanitario Nazionale.
È bene precisare che i permessi per grave infermità del coniuge sono cumulabili con quelli previsti dalla Legge 104 per l’assistenza del coniuge o dei parenti con handicap.