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STUDIO SALARDI DI LORENZA SALARDI

Studio di Consulenza del Lavoro

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DELEGA DI FUNZIONI: MOTIVI PER UNA VALIDA RINUNCIA.

Cosa dice la disciplina della delega di funzioni in materia di sicurezza dei lavoratori? Come si concilia l’istituto della delega di funzioni con la normativa europea? Esistono degli obblighi indelegabili da parte del datore di lavoro? Quali sanzioni si applicano?

In materia di sicurezza del lavoro, l’efficacia liberatoria della delega di funzioni appariva scontata già sotto la vigenza del D.Lgs. n. 626/1994 in quanto la nozione stessa di datore di lavoro – quanto meno di datore di lavoro ai fini del D.Lgs. n. 626/1994 – faceva riferimento alle funzioni di fatto esercitate (cfr. art. 2, lett. b), D.Lgs. n. 626/1994). Tale situazione è stata riconfermata, per la prima volta con maggiore chiarezza e con recepimento integrale degli orientamenti giurisprudenziali in materia, nel D.Lgs. n. 81/2008 (artt. 16 e 17).

Tuttavia, l’attribuzione ad un soggetto diverso dal mas-simo vertice aziendale era ed è assai rara in quanto essa presuppone l’attribuzione di poteri di spesa che difficilmente potrebbero essere illimitati. L’eventuale difficile praticabilità di una delega di funzioni non esclude che quando il massimo vertice aziendale non può personal-mente porre in essere gli adempimenti che la legge gli impone, questi possa adempierli delegando ad altri.

Se poi, il delegato non li pone in essere, la responsabilità del delegante potrà essere riconosciuta solo se egli ha delegato una persona giudicabile ex ante inidonea o se ha omesso di controllarne l’operato dove, si noti bene, l’intensità del controllo che può essere richiesto dal delegante varia, a sua volta dalle dimensioni e complessità organizzativa dell’azienda, dalla natura dell’obbligo violato e dai contenuti specifici e tecnici dell’obbligo stesso (così il delegante non potrebbe dirsi esente da responsabilità in caso di evidente e clamorosa pericolosità dell’impianto, né se ha delegato un soggetto privo di esperienza e capacità professionale).

In particolare «la violazione di un dovere di controllo deve essere valutata (ed ancorata) a precise condizioni fattuali e non affermata in astratto, a prescindere dal reato

contestato e dalle rispettive condotte (dell’incaricante e dell’incaricato). Tanto va affermato, a chiare lettere, proprio al fine di non riportare automaticamente al dante incarico qualsivoglia inadeguamento del delegato per non frustrare, in tal modo, la funzione ineliminabile dell’istituto e la rilevanza per l’ordinamento giuridico quale dell’atto di delega» (Cass. pen., 9 ottobre 1996, n. 9053). Quest’ultima ricostruzione consentirebbe – fermo restando che si tratta di problematica tuttora controversa

  • di ammettere l’efficacia penale di deleghe e di attribuzioni alle quali sono collegati limiti di spesa – ciò che è nei fatti inevitabile – vuoi direttamente, in quanto stabiliti in uno con la delega stessa, vuoi indirettamente, in quanto stabiliti con il potere di rappresentanza conferito al delegato (pro-cura) in occasione della delega di attribuzioni. In quest’ot-tica si è mossa del resto la giurisprudenza (Cass. pen., 27 luglio 1995, n. 8567) quando ha ravvisato la responsabilità dell’assessore comunale che non aveva predisposto un idoneo «sistema per essere messo immediatamente al corrente di eventuali deficienze strutturali dei locali scola-stici affidate alle … avendo il potere di impegnare somme di denaro sufficienti ad ovviare a dette deficienze».

Interventi giurisprudenziali

In materia di responsabilità assessoriale, la Corte di Cassazione si è poi approfonditamente soffermata sulla responsabilità penale dell’organo politico (nella specie, un assessore comunale) ove si verifichi un infortunio (nella specie, mortale) durante una manifestazione nella quale le scelte politiche avevano svolto un ruolo preponderante. In particolare, i Supremi Giudici hanno affermato che è configurabile una responsabilità penale per omesso impedimento dell’evento ex art. 40, c. 2, c.p., a carico di un assessore comunale per non aver impedito la morte di un addetto alla vigilanza dal rischio di precipitazione nel vuoto, precipitazione nel vuoto dovuta alla conformazione archi-tettonica dell’edificio ove era in corso una manifestazione, rischio enfatizzato insidiosamente nelle ore notturne; ed invero, ove emerga che l’assessore responsabilmente assuma su di sé il governo della struttura affidata all’amministrazione comunale nella prospettiva di renderla pienamente fruibile da parte della comunità locale, ne discende che questi riveste il ruolo di gestore del rischio, al più alto livello afferente alle scelte di fondo in ordine alla gestione del bene, non rilevando la circostanza che nella gestione dello stesso risulti coinvolto anche il livello tecnico dell’organizzazione comunale, atteso che ove il rischio si concretizzi ad un livello che coinvolge le scelte di alta amministrazione (o latamente politiche) di cui l’assessore aveva la responsabilità, la presenza di responsabilità concorrente al livello dirigenziale non è, in prima approssimazione, in grado di esonerare da responsabilità l’amministratore locale (Cass. pen., sez. IV, 4 dicembre 2015, n. 48246).

 

La tesi dell’efficacia liberatoria a titolo originario della delega – se conferita nel rispetto delle condizioni di cui si dirà oltre – era confortata dall’esistenza di due elementi interpretativi. Da un lato, l’inesistenza di una nozione di datori di lavoro ai fini dell’igiene e della sicurezza, consentiva interpretazioni estensive di tale termine. Dall’altro, i decreti presidenziali del 1955 e del 1956 prevedevano che gli obblighi in materia di igiene e sicurezza facessero capo non solo ai “datori di lavoro” ma anche “ai dirigenti e ai preposti” a seconda “delle rispettive attribuzioni e competenze” (cfr. art. 4, D.P.R. n. 547/1955 e art. 4, D.P.R. n. 303/1956).

 

Ne derivava che l’imputazione dei predetti obblighi e della relativa responsabilità a soggetti individuati mediante atto che conferiva loro le necessarie “attribuzioni e competenze”, non risultava inconciliabile con il principio di tassatività delle norme penali.

La situazione è, tuttavia, mutata con l’avvento prima del D.Lgs. n. 626/1994 e, successivamente, con l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 81/2008.

Delega di funzioni nel T.U.S.

Novità assoluta del nuovo T.U. della sicurezza (D.Lgs. n. 81/2008) è costituita dall’introduzione, per la prima volta in un testo di legge, del meccanismo della cosiddetta delega di funzioni in materia di prevenzione infortuni ed igiene del lavoro.

Si tratta di una previsione che non può non essere vista con favore, considerato infatti che fino all’entrata in vigore del T.U.S., l’istituto della delega di funzioni non aveva ancora mai assunto dignità normativa in materia di sicurezza, in quanto ritenuto frutto della fervente opera di

elaborazione creatrice della giurisprudenza di legittimità cui va riconosciuto l’indubbio merito di aver costruito, passo dopo passo, le regole e i criteri, soggettivi e oggettivi, per l’applicazione della delega nel settore degli infortuni sul lavoro (v., ex multis, da ultimo, sul punto: Cass. pen., sez. IV, 20 febbraio 2008, n. 7709).

L’istituto della delega di funzioni era stato creato dalla giurisprudenza di legittimità con il nobile intento di rendere più semplice all’imprenditore, chiamato ad attuare gli obblighi di sicurezza, l’adempimento dei medesimi mediante il ricorso a soggetti dotati di particolare competenza professionale e capacità tecnico-giuridiche.

L’esperienza, soprattutto giudiziaria, di questi anni ha dimostrato come sovente il ricorso alla delega si è prestato ad un uso distorto se non a veri e propri abusi da parte di quei (fortunatamente pochi, se rapportati al quadro nazionale) imprenditori disinvolti che lo hanno utilizzato quale strumento per una comoda elusione mascherata dei precetti in materia di prevenzione infortuni ed igiene del lavoro.

La giurisprudenza, proprio con l’obiettivo di evitare che il ricorso a tale strumento si piegasse a finalità illecite, aveva elaborato un vero e proprio catalogo di requisiti soggettivi e oggettivi in presenza dei quali una delega poteva considerarsi efficace ed effettiva.

Purtroppo, però, la strada maestra di un riconoscimento legislativo dell’istituto della delega in materia antinfortunistica non era stata seguita, essendosi infatti limitato il legislatore a prevedere, in negativo, con il D.Lgs. n. 242/ 1996 (il cosiddetto decreto correttivo del D.Lgs. n. 626/ 1994), una serie di adempimenti non delegabili da parte del datore di lavoro.

 

Si era trattato di un primo, importante, passo verso la consacrazione legislativa dell’istituto della delega che, tuttavia, non si era mai tradotto in una espressa previsione di legge, comportando una situazione di incertezza per gli operatori del settore, soprattutto per quelle imprese con limiti dimensionali e strumenti finanziari ridotti, tenuto conto che la conoscenza degli orientamenti giurispruden-ziali in tema di delega presupponeva il ricorso a soggetti dotati di alta specializzazione e di nozioni tecnico-giuridi-che esercenti attività di consulenza nel settore della pre-venzione. A ciò, poi, si accompagnava il minore grado di cogenza che il precedente giurisprudenziale assume rispetto ad un testo di legge, anche in termini di pubblicità.

 

Requisiti

Oculata è stata dunque la scelta del legislatore di inserire nel nuovo decreto della sicurezza, con le caratteristiche di cogenza ed obbligatorietà proprie di una legge dello Stato,

la previsione dell’istituto della delega di funzioni (art. 16), attraverso la dettagliata individuazione dei requisiti di natura soggettiva ed oggettiva richiesti per la sua effettività, requisiti mutuati all’evidenza dalla giurisprudenza di legittimità stratificatasi nel corso di decenni di elaborazione, in sintesi di seguito elencati.

 

Certezza della data

 

Il primo requisito (oggettivo) previsto normativamente è che la delega deve risultare da atto scritto recante data certa.

 

Sul tema la Cassazione ha ritenuto che una delibera assembleare, priva di data certa e non annotata sui pub-blici registri, con cui sia riconosciuta ad un soggetto la “nomina” a datore di lavoro, con attribuzione di funzioni di vigilanza e di prevenzione, per la sua genericità non può qualificarsi come una delega, idonea a trasferire la posi-zione di garanzia gravante sul datore di lavoro ai sensi dell’art. 2, D.Lgs. n. 81/2008 (Cass. pen., Sez. IV, 19 ottobre 2012, n. 41063).

 

Ancora più significativa la decisione con cui la Cassazione ha chiarito che l’esistenza di una delega di funzioni va esclusa non tanto e non solo per l’assenza di un atto di delega avente forma scritta (nel senso che è necessario che la delega di funzioni debba essere conferita con la forma scritta e provata con la medesima forma), ma soprattutto perché il conferimento di una delega di fun-zioni deve essere comunque provato: ne consegue che, in mancanza di prova, la stessa deve ritenersi non esistente (Cass. pen., sez. III, 28 marzo 2018, n. 14352).

 

Possesso del know-how necessario

 

Secondo requisito (soggettivo) della delega è che il delegato deve possedere tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate.

Chiaro, sul punto, è il principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui l’insussistenza, in capo al delegato, delle necessarie competenze tecnico-professionali idonee a consentirgli un adeguato assolvimento dei compiti allo stesso attribuiti in materia di sicurezza, determina l’inefficacia della delega di funzioni, in quanto inidonea a prevedere alcuno specifico trasferimento di poteri e responsabilità in tema di sicurezza suscettibile di escludere la posizione di garanzia del datore di lavoro (Cass. pen., sez. IV, 5 luglio 2013, n. 28808).

Attribuzione dei poteri/funzioni necessari

 

Il terzo requisito (oggettivo) è rappresentato dal fatto che la delega deve attribuire al delegato tutti i poteri di

organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla speci-fica natura delle funzioni delegate.

  • uno dei requisiti maggiormente delicati, in quanto pre-suppone il trasferimento della posizione di garanzia dato-riale, nella veste di delegante, in capo al delegato. Occorre bene intendersi usi termini.

Se è vero che la legge impone «che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e con-trollo richiesti dalla specifica natura delle funzioni dele-gate», in realtà la delega di funzioni, come reso palese dallo stesso termine, non trasferisce poteri ma, appunto, funzioni.

Prova ne è il fatto che, ove il delegante ritenga di non poter più riporre la propria fiducia in capo al delegato, ha il diritto-dovere, in qualsiasi momento, di revocargli l’atto di delega, dunque, di riattribuire in capo a sé le “specifiche” funzioni delegate, cosa che, invece, non avrebbe la possibilità di fare ove ad essere trasferiti fossero i “poteri” del delegante, in quanto il trasferimento del potere implica la perdita della sua titolarità.

Ciò spiega la ragione per la quale, ad esempio, la giuri-sprudenza si sia affrettata a precisare come «l’obbligo di vigilanza del delegante è distinto da quello del delegato, al quale vengono trasferite le competenze afferenti alla gestione del rischio lavorativo» (Cass. pen., sez. IV, 19 marzo 2012, n. 10702): dunque, non i poteri ma solo le funzioni che sono connaturate agli obblighi delegati, incombenti alla figura del garante della sicurezza aziendale, il datore di lavoro/delegante.

Conferimento dell’autonomia di spesa

Il quarto, e di regola centrale, requisito (oggettivo) della delega di funzioni è rappresentato dal fatto di dover la delega attribuire al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate.

Si tratta di uno dei punti “dolenti” dell’intera materia prevenzionistica, considerata la naturale riottosità dei datori di lavoro/deleganti a «dotare» delle idonee risorse finanziarie i soggetti chiamati a svolgere le funzioni di loro “alter ego”.

Già prima dell’entrata in vigore del T.U.S., del resto, la giurisprudenza ne aveva evidenziato la centralità, affer-mando come, in ipotesi di delega di funzioni spettante al datore di lavoro, è necessario verificare in concreto che il delegato abbia effettivi poteri di decisione e di spesa in ordine alla messa in sicurezza dell’ambiente di lavoro: e ciò anche indipendentemente dal contenuto formale della nomina. (Nella fattispecie la Corte di cassazione non aveva ritenuto il datore di lavoro esonerato dalla responsabilità per l’infortunio del lavoratore poichè al

funzionario formalmente delegato non erano stati concretamente conferiti reali poteri di intervento: Cass. pen., sez. IV, 20 dicembre 2007, n. 47136).

In questo senso, infatti, si ribadiva che la delega «[…] non accompagnata dalla dotazione del medesimo di mezzi finanziari idonei a consentirgli di fare fronte in piena autonomia alle esigenze di prevenzione degli infortuni, non è sufficiente a sollevare il datore di lavoro dai propri obblighi in materia e a liberarlo dalla responsabilità per l’infortunio conseguito alla mancata predisposizione dei necessari presidi di sicurezza» (Cass. pen., sez. IV, 20 febbraio 2008, n. 7709).

Dunque, anche che tale requisito sia imprescindibile per considerare efficace ed effettiva una delega di funzioni è stato ribadito anche dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 18/2008, trovando la sua definitiva “consacrazione” nell’ormai notissima sentenza sul caso Thyssenkrupp, che, nell’individuare i requisiti essenziali della delega, ha appunto ribadito che «gli obblighi di prevenzione, assicurazione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro, pos-sono essere trasferiti con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega ex art. 16 del D.Lgs. n. 81 del 2008 riguardi un ambito ben definito e non l’intera gestione aziendale, sia espresso ed effettivo, non equivoco ed investa un soggetto qualificato per professionalità ed esperienza che sia dotato dei relativi poteri di organizzazione, gestione, controllo e spesa» (Cass. pen., S.U., 18 settembre 2014, n. 38343).

Accettazione “scritta” da parte del delegato

Quinto requisito (oggettivo) contemplato dall’art. 16, D.Lgs. n. 18/2008 è che la delega deve essere accettata per iscritto dal delegato.

Con un’interessante decisione, la Suprema Corte di cas-sazione ha affermato che la sola introduzione legislativa del requisito della forma scritta dell’accettazione della delega (o dell’introduzione della formale previsione del-l’autonomia di spesa del delegato) non determina il venir meno del disvalore sociale della condotta omissiva, e quindi l’illiceità penale della stessa, non avendo quell’in-troduzione inciso sulla struttura essenziale del reato, com-portando esclusivamente una variazione del contenuto del precetto, delineando la portata del comando e limitan-dosi a modificare i presupposti per l’applicazione della norma incriminatrice penale (Cass. pen., sez. IV, 5 aprile 2013, n. 15881).

Importante, soprattutto, ai nostri fini, è poi quanto stabilito nell’interpello 2 novembre 2015, n. 7, in cui viene fornita risposta alla domanda posta dalla USB dei Vigili del Fuoco,

in merito alla delega di funzioni. In particolare, l’istante chiedeva di sapere se esistesse l’obbligo di accettazione della delega da parte del soggetto delegato individuato dal datore di lavoro e se il soggetto delegato potesse rifiutare tale delega.

Nell’indicazione fornita, la Commissione puntualizza che affinché la delega sia efficace è necessario che abbia le caratteristiche previste dall’art. 16, D.Lgs. n. 81/2008. Tra tali requisiti la delega deve essere «accettata dal delegato per iscritto», elemento che la distingue dal conferimento di incarico, il che implica la possibilità di una non accetta-zione della stessa.

Pubblicita` della delega

Il sesto requisito (oggettivo) contemplato dall’art. 16, D.Lgs. n. 81/2008, è rappresentato dal fatto che alla delega deve essere data adeguata e tempestiva pubblicità.

Con riferimento a tale ultimo requisito, è stato emanato il Parere del Ministero dello Sviluppo Economico 7 ottobre 2008, n. 31280.

Il Dipartimento per la regolazione del mercato del Ministero dello sviluppo economico ha infatti fornito il primo chiarimento ufficiale su uno dei requisiti ritenuti indispensabili ai fini dell’efficacia della delega di funzioni, con la quale il datore di lavoro può trasferire alcuni degli obblighi previsti dal decreto nei confronti di tale figura, ad altro soggetto (fatta eccezione per gli obblighi non delegabili contemplati dall’art. 17, D.Lgs. n. 81/2008).

 

La norma infatti, al c. 2, art. 16, specifica che alla delega debba essere data «adeguata e tempestiva pubblicità», senza tuttavia specificare esattamente quali possano essere gli strumenti idonei per definire soddisfatto tale requisito.

A tal proposito l’Amministrazione precisa come il registro delle imprese non possa essere considerato, in tal senso, lo strumento più idoneo, esprimendo peraltro il parere secondo cui sarebbe sufficiente che dell’avvenuta delega di funzioni venisse data notizia con mezzi che soddisfino una forma di pubblicità interna al luogo di lavoro, anche per garantire una sua migliore veicolazione ed un apprendi-mento più facile ed immediato.

Vale la pena, dunque, suggerire tra gli strumenti che possono essere certamente ritenuti idonei per garantire il requisito normativo, la distribuzione, rivolta verso tutti i dipendenti, di una circolare interna nella quale fornire ai medesimi lavoratori tutte le informazioni riguardanti l’avvenuto passaggio delle funzioni, il contenuto e il significato di tale delega, i poteri conferiti al delegato e quelli che rimangono in capo al delegante.

In via complementare, si ritiene, inoltre, che si possa impiegare il medesimo strumento previsto dall’art. 7, legge 20 maggio 1970, n. 300 “Statuto dei lavoratori” il quale, per la parte relativa alle sanzioni disciplinari, afferma che esse devono essere «portate a conoscenza dei lavo-ratori, mediante affissione in luogo accessibile a tutti», ai fini della validità del codice disciplinare.

Il parere in oggetto dell’Amministrazione, non si sofferma unicamente sulla questione appena vista, ma fornisce ulteriori chiarimenti circa la questione dell’annotabilità sul Repertorio economico amministrativo di notizie ine-renti alcune figure facenti capo all’organizzazione delle imprese.

Sull’argomento, il Dipartimento, ribadendo la priorità del criterio della tipicità delle figure annotabili, pone comunque attenzione ai contenuti del decreto ministeriale 6 febbraio 2008, con il quale sono state revisio-nate le “specifiche tecniche per la creazione di programmi informatici finalizzati alla compilazione delle domande e delle denunce da presentare all’uffi-cio del registro delle imprese per via telematica o su supporto informatico” e, con l’occasione, sono state significativamente ridotte le tipologie comprese nella tabella CAT.

Al di fuori di tale contesto, l’Amministrazione ribadisce come non vi possa essere alcun ulteriore criterio (anche legato all’ente che procede alla verifica dei requisiti) che esuli da quello basilare della tipicità.

Obblighi indelegabili

La precedente disciplina dettata dal D.Lgs. n. 626/1994 prevedeva per la prima volta alcuni adempimenti non delegabili. L’art. 1, c. 4-ter, D.Lgs. n. 626/1994, come novellato dal D.Lgs. n. 242/1996, testualmente prevedeva che: «Nell’ambito degli adempimenti previsti dal presente decreto, il datore di lavoro non può delegare quelli previsti dall’art. 4 commi 1, 2, 4, lett. a) e 11 primo periodo». In sintesi, quindi, non erano delegabili:

  • valutazione dei rischi per la sicurezza e per la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari;
  • elaborazione del documento di valutazione dei rischi (DVR);
  • designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) interno o esterno all’azienda;
  • autocertificazione per iscritto dell’avvenuta effettua-zione della valutazione dei rischi e l’adempimento degli obblighi ad essa collegati (nel caso del datore di lavoro delle aziende familiari, nonché, delle aziende che occupano fino a dieci addetti).Il T.U.S. prevede espressamente (e con elencazione tas-sativa) che non sono delegabili dal datore di lavoro due soli obblighi in materia prevenzionistica.

    L’art. 17 stabilisce che il datore di lavoro non può delegare le seguenti attività:

    1. valutazione di tutti i rischi con la conseguente elabora-zione del documento previsto dall’articolo 28;
    1. designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.

    Dal raffronto tra le due disposizioni di legge, si evince quindi chiaramente che il nuovo T.U. sulla sicurezza amplia gli adempimenti delegabili, limitando l’indelegabilità alle sole ipotesi prima rientranti nelle previsioni sub 1), 2) e 3), D.Lgs. n. 626/1994.

    Per quanto riguarda l’obbligo di cui all’art. 96, c. 1, lett. g), D.Lgs. n. 81/2008, che impone al datore di lavoro dell’im-presa esecutrice operante nel cantiere edile di redigere il piano operativo di sicurezza (POS), deve esserne eviden-ziata l’indelegabilità.

    Il piano operativo di sicurezza, infatti, così come è stato definito dall’art. 89, c. 1, lett. h), è il documento che il datore di lavoro dell’impresa esecutrice redige, in riferi-mento al cantiere interessato, ai sensi proprio dell’art. 17, c. 1, lett. a) e deve possedere i contenuti minimi riportati nell’allegato XV dello stesso D.Lgs. al punto 3.

    Da una lettura coordinata dei citati artt. 89 e 17, D.Lgs. n. 81/2008 è da desumersi quindi che anche la redazione del POS, così come è stato stabilito per la redazione del DVR, sia un obbligo indelegabile da parte del datore di lavoro (sull’indelegabilità della redazione del POS, v. Cass. pen., sez. IV, 16 febbraio 2009, n. 6613).

    Delega, subdelega e obbligo di vigilanza

    Il c.d. correttivo al D.Lgs. n. 81/2008, ha introdotto all’art. 16 T.U.S. l’inedito c. 3-bis nel quale viene disciplinata la facoltà di subdelega. In tal senso la disposizione conferisce al soggetto delegato ai sensi del c. 1 dello stesso art. 16 la possibilità di delegare a sua volta le funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Tale atto deve naturalmente riguardare solo le funzioni oggetto della delega conferita al subdelegante.

    In altri termini l’eccezionale facoltà di delegare competenze in questa materia, configurata nell’art. 16, continua ad essere attribuita in via esclusiva al datore di lavoro e non agli altri soggetti eventualmente destinatari in via diretta di obblighi in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro. Questi ultimi possono per l’appunto subdelegare ad altri solo gli obblighi cui a loro volta erano stati delegati dallo stesso datore di lavoro e di cui avevano dunque assunto la titolarità in via derivata.

    Rispetto alla delega di primo grado, quella di secondo grado presenta un’importante differenza.

    Infatti, oggetto della stessa non può essere la generalità delle funzioni trasmesse al delegato primario dal datore di lavoro, bensì solo specifici adempimenti che devono dunque essere con precisione indicati nell’atto di delega. Il quale poi, per espressa volontà della disposizione in commento, deve rispondere ai medesimi requisiti dettati per la delega primaria e che in precedenza sono stati illustrati. La novella poi impone al subdelegante l’obbligo di vigilare sul corretto adempimento della delega, senza peraltro replicare la clausola liberatoria che è stata introdotta al c. 3, art. 16. Dunque, mentre il datore di lavoro può in proposito affidarsi ai sistemi di controllo già costituiti nell’impresa a prevenzione del rischio di reati, la stessa facoltà non viene attribuita al subdelegante. Al subdele-gato, invece, la norma vieta espressamente ogni ulteriore delega.

    In definitiva, il legislatore sembra consapevole dell’esi-genza di evitare una eccessiva diluizione degli obblighi di prevenzione e dunque pone un limite invalicabile all’ulte-riore trasferimento delle relative funzioni.

    In tal senso va interpretata anche l’ulteriore clausola posta dalla novella per la validità della subdelega e cioè che questa venga conferita d’intesa con il datore di lavoro e cioè dell’originario titolare degli obblighi trasferiti.

    Tale condizione peraltro configura l’obbligatoria ingerenza dello stesso datore di lavoro nella scelta del subdelegato e dunque pone più di qualche problema sul piano della ripartizione delle responsabilità tra datore di lavoro-delegante e delegato-subdelegante per l’ipotesi che il soggetto cui è stato definitivamente trasferito l’obbligo non vi adempia.

    Quanto sopra è stato oggetto di reiterate interpretazioni giurisprudenziali, le quali hanno più volte affermato il principio secondo cui gli obblighi di prevenzione, assicura-zione e sorveglianza gravanti sul datore di lavoro possono essere delegati, con conseguente subentro del delegato nella posizione di garanzia che fa capo al delegante, a condizione che il relativo atto di delega sia espresso, inequivoco e certo ed investa persona tecnica-mente capace, dotata delle necessarie cognizioni tecniche e dei relativi poteri decisionali e di intervento, fermo restando, comunque, l’obbligo, per il datore di lavoro, di vigilare e di controllare che il delegato usi correttamente la delega, secondo quanto la legge prescrive (Cass. pen., sez. IV, 5 giugno 2019, n. 24908).

    Delega di funzioni e delega gestoria

    Ai fini della responsabilità per la violazione degli obblighi di prevenzione degli infortuni sul luogo di lavoro, la delega di funzioni prevista all’art. 16, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, realizza il formale trasferimento dei poteri e obblighi dato-riali di natura prevenzionistica al delegato, fermo restando in capo al delegante l’obbligo di vigilanza sul corretto svolgimento delle funzioni affidate, mentre la delega gestoria ex art. 2381 c.c., all’interno di strutture aziendali complesse, affida, con potere illimitato di spesa, le attri-buzioni relative all’organizzazione e alla gestione dell’im-presa, anche in materia di sicurezza sul lavoro, ad un comitato ristretto del consiglio di amministrazione o a uno dei suoi componenti, già investito della funzione datoriale e dei relativi poteri, configurando in capo all’or-gano delegante solo un dovere di verifica in ordine al flusso informativo e all’assetto organizzativo generale e di inter-vento nel caso di conoscenza di situazioni di rischio non adeguatamente governate (così di recente, Cass. pen., sez. IV, 27 febbraio 2023, n. 8476).

     

    Normativa europea

    La Commissione UE aveva approvato il 29 settembre 2011 un progetto di costituzione in mora contro l’Italia – inviato alla Repubblica Italiana il 30 settembre 2011 – per recepimento scorretto, nel nostro ordinamento giuridico, di alcune disposizioni della direttiva 89/391/CEE. Tra que-ste, in particolare, spiccava il tema della deresponsabiliz-zazione del datore di lavoro in caso di delega e subdelega. La Commissione aveva invitato le autorità italiane ai sensi dell’articolo 258 del trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, a trasmettere osservazioni in merito entro 2 mesi.

    Quando le osservazioni trasmesse dallo Stato membro non inducono la Commissione a modificare il suo punto di vista e se tale Stato membro non pone fine alla situazione che configura l’infrazione, la Commissione infatti può emettere un parere motivato cui lo Stato membro è tenuto a conformarsi, di norma, entro un termine supplementare di 2 mesi.

    L’esito era stato per noi inizialmente sfavorevole. Ed infatti, la Commissione Europea aveva reso noto il parere motivato – infrazione n. 2010/4227 -, del 21 novembre 2012, indirizzato alla Repubblica Italiana ai sensi dell’arti-colo 258 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, ad oggetto «la non conformità dei provvedimenti nazionali di recepimento della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro».

    A seguito della risposta italiana dell’8 dicembre 2011, la Commissione non aveva considerato soddisfacenti le spiegazioni riguardanti il punto in esame, talché era stato emesso il parere motivato. Argomentando ampia-mente e nel dettaglio la questione dell’esonero del datore di lavoro dalla sua responsabilità in materia di salute e sicurezza in caso di delega e subdelega e del rinvio dell’obbligo di fornire un documento di valutazione dei rischi in caso di nuove imprese o di modifiche sostanziali, in forza dell’articolo 258, primo comma, del trattato sul funziona-mento dell’Unione europea, la Commissione Europea aveva statuito che la Repubblica Italiana non avesse rispettato gli articoli 5 e 9 della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, poiché aveva mantenuto nel proprio ordinamento giuridico disposizioni che esoneravano il datore di lavoro dalla sua responsabilità in materia di salute e sicurezza in caso di delega e subdelega e differivano nel tempo l’obbligo di fornire un documento di valutazione dei rischi nel caso di nuove imprese o di modifiche significative nell’attività di un’impresa.

    Pertanto, la Commissione aveva invitato la Repubblica italiana a prendere le disposizioni necessarie per conformarsi al parere motivato entro 2 mesi. La procedura di infrazione si è però chiusa definitivamente con esito favorevole per il nostro Paese. Ed invero, in risposta alla procedura di infrazione, la legge 30 ottobre 2014, n. 161 (recante “Disposizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea – Legge europea 2013-bis”, in G.U. Serie Generale n. 261 del 10 novembre 2014 – S.O. n. 83), entrata in vigore il 25 novembre 2014, ha introdotto modifiche al D.Lgs. n. 81/ 2008 in materia di valutazione dei rischi, in caso di aggior-namento del documento o di avvio di nuova impresa.

    L’art. 13 della suddetta legge, recita infatti: 1. Al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 28, comma 3-bis, sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Anche in caso di costituzione di nuova impresa, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell’adempimento degli obblighi di cui al comma 2, lettere b), c), d), e) e f), e al comma 3, e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documentazione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza»; b) all’articolo 29, comma 3, sono aggiunti, infine, i seguenti periodi: «Anche in caso di rielaborazione della valutazione dei rischi, il datore di lavoro deve comunque dare immediata evidenza, attraverso idonea documentazione, dell’aggiornamento delle misure di prevenzione e immediata comunicazione al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. A tale documenta-zione accede, su richiesta, il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza». A seguito dell’entrata in vigore della predetta modifica normativa, la Commissione europea in data 26 marzo 2015 ha deciso l’archiviazione della procedura di infrazione n. 4227/2010. La delega di funzioni, dunque, almeno per questa volta, è salva.

    Sanzioni

    Per quanto riguarda le sanzioni, il T.U.S. non prevede espressamente sanzioni specificamente dirette nei con-fronti del “delegato alla sicurezza”, ma, come è agevole rendersi conto, nei confronti del medesimo, ove la delega sia effettiva ed efficace, si irrogheranno le sanzioni che ovviamente sarebbero applicabili al datore di lavoro delegante, salvi ovviamente gli obblighi indelegabili per i quali chiaramente non è ipotizzabile una delega.

    In generale, quindi, ove il T.U.S. ponga le sanzioni in capo al datore di lavoro o al dirigente, saranno irrogabili nei con-fronti del delegato le relative sanzioni ove questi abbia ricevuto in base ad un formale atto di delega le relative funzioni da parte del datore di lavoro/delegante, ovvero laddove egli, quale dirigente delegato alla sicurezza, sia stato incarico di svolgere i corrispondenti compiti.

    Rinuncia

    Ultimo, ma centrale argomento, infine, attiene al tema della rinunciabilità dell’incarico di delegato alla sicurezza. Si è già detto che, sul punto, si è pronunciata tempo addietro la “Commissione per gli interpelli” (interpello n. 7/2015) fornendo una risposta che, a prima lettura, con-durrebbe a concludere per la risposta affermativa.

    L’Unione Sindacale di Base dei Vigili del Fuoco aveva infatti avanzato istanza di interpello per conoscere il parere della Commissione in merito alla delega di funzioni. In particolare, l’istante chiedeva di sapere «se esiste l’ob-bligo di accettazione della delega da parte del soggetto delegato individuato dal datore di lavoro e se il soggetto delegato può rifiutare tale delega».

    La Commissione, nel rispondere all’interpello, ebbe ad operare una premessa di carattere generale, basata sulla disciplina positiva costituita dall’art. 16, c. 1, D.Lgs. n. 81/2008, il quale, come visto, prevede che «la delega di funzioni da parte del datore di lavoro, ove non espressa-mente esclusa, è ammessa con i seguenti limiti e condizioni: a) che essa risulti da atto scritto recante data certa; b) che il delegato possegga tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesi dalla specifica natura delle funzioni delegate; c) che essa attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate; d) che essa attribuisca al delegato l’autonomia di spesa necessaria allo svolgi-mento delle funzioni delegate; e) che la delega sia accettata dal delegato per iscritto».

     

    Tanto premesso, la Commissione ebbe a fornire le seguenti indicazioni.

    L’art. 16, D.Lgs. n. 81/2008 prevede, per il datore di lavoro, la possibilità di delegare i propri obblighi, ad eccezione della valutazione dei rischi e relativo documento e la designazione del RSPP, ad altro soggetto dotato dei requi-siti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate.

    Perché la delega sia efficace è necessario che abbia tutte le caratteristiche previste dal citato art. 16, quali la forma scritta, la certezza della data, il possesso da parte del delegato di tutti gli elementi di professionalità ed esperienza richiesti dalla natura specifica delle funzioni delegate ed infine la possibilità da parte dello stesso delegato di disporre di tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni a lui delegate.

    Tra le caratteristiche indicate nell’art. 16, c. 1, il legislatore ha espressamente previsto, alla lett. e) del decreto in parola, che la delega «sia accettata dal delegato per iscritto», elemento che la distingue dal conferimento di incarico, il che implica la possibilità di una non accettazione della stessa.

    Conclusivamente, la Commissione, ha ritenuto che non vi sia un obbligo di accettazione della delega di funzioni da parte del soggetto delegato individuato dal datore di lavoro, il che in altri termini significa che il delegato alla sicurezza può rinunciare alla delega.

    Tale conclusione, a ben vedere, appare assolutamente condivisibile e risponde, del resto, non solo alla ratio dell’istituto, ma alla stessa funzione dell’istituto mede-simo. Se, infatti, scopo della delega di funzioni è quello di trasferire i poteri (rectius, le funzioni) dal datore di lavoro/ delegante al delegato, purchè vengano rispettate determinate condizioni, e se tra tali condizioni vi è quella di evitare sia l’effetto “sorpresa” – ossia di vedersi attribuire inconsapevolmente le predette funzioni con correlato trasferimento della posizione di garanzia – che l’effetto “vin-colante” – ossia quello di vedersi imporre il predetto

    trasferimento, tenuto conto dello squilibrio “contrattuale” che di regola intercorre tra delegante e delegato -, attraverso l’obbligo di “accettazione per iscritto” della delega medesima, ne consegue che proprio la mancata accetta-zione per iscritto della delega implica la rinuncia alla stessa.

    Tale conclusione è stata del resto avvalorata dalla giuri-sprudenza di legittimità che, sul punto, ha affermato che il soggetto destinatario di una delega di funzioni in materia antinfortunistica non risponde penalmente, per il caso in cui il delegante non lo abbia messo nelle condizioni per svolgere adeguatamente i compiti affidatigli, soltanto se, inadempiente il delegante, egli abbia rifiutato il conferi-mento dell’incarico. (Nella specie, il dirigente comunale delegato dal Sindaco aveva continuato a svolgere le fun-zioni, pur in mancanza dell’effettiva assegnazione dei fondi necessari per il loro espletamento: Cass. pen., sez. III, 20 novembre 2009, n. 44890).

     

    Il che, in altri termini, significa, che vi è non solo il diritto ma soprattutto l’obbligo del delegato di rinunciare alla delega, ove questi percepisca di non essere in condizioni di esercitare le funzioni delegategli: ove non lo facesse, sarebbe infatti ritenuto responsabile per aver continuato a svolgere quelle funzioni pur consapevole di non essere in grado di poterlo fare.

    Ma vi è di più.

    La rinuncia alla delega di funzioni, oltre che intervenire inizialmente, ossia subito dopo aver ricevuto la delega da parte del datore di lavoro, può anche intervenire dopo averla accettata, ove il delegato alla sicurezza si renda conto, nell’esercizio delle funzioni delegategli, di non essere in possesso dei requisiti soggettivi (ad esempio, si renda conto, melius re perpensa, di non avere le competenze tecnico – professionali richieste per espletare quelle funzioni delegategli) o dei requisiti oggettivi (ad esempio, considerando che la capacità di spesa conferita-gli nella delega sia incapiente per far fronte all’adempi-mento degli obblighi prevenzionistici delegatigli), deve comunque essergli riconosciuta la possibilità di rinunciare all’atto di delega, con un atto uguale e contrario a quello che ha reso possibile investirlo delle funzioni. In altri termini, spetterà al delegato di formalizzare per iscritto la rinuncia alla delega al datore di lavoro/delegante il quale, una volta ricevuta la rinuncia, sarà tenuto a provvedere alla eventuale sostituzione del delegato con la nomina di uno nuovo, non potendo restare inerte per la semplice ragione che, l’intervenuta rinuncia, formalizza, a seconda delle ragioni che l’hanno determinata, la carenza di una delle condizioni per poter considerare quell’atto di delega “ancora” effettivo (volendo richiamarsi agli esempi dianzi citati, o la carenza del requisito di cui alla lett. b) dell’art. 16, posto che la dichiarata sopravvenuta impossibilità soggettiva di svolgere le funzioni delegate, evidenzia la mancanza del possesso di «tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesi dalla specifica natura delle funzioni delegate»; o, ancora, la carenza del requisito di cui alla lett. d) del predetto art. 16, posto che la rinuncia motivata dalla sopravvenuta verifica dell’incapienza del budget necessario per espletare le funzioni delegate, denuncia in sostanza la mancanza di quella «autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate»).

     

     

     

     

     

Written by:
Studio Lorenza Salardi
Published on:
24 Novembre 2023

Archiviato in: Informative dello Studio

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